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    Cosa dice il Manifesto del Fronte repubblicano di Calenda

    Carlo Calenda. Credit: Afp/Omar Bai/NurPhoto

    L'ex ministro sostiene che il centrosinistra debba ripartire da uno schieramento di forze che vada oltre il Pd e propone un'alleanza ampia con cinque priorità

    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 27 Giu. 2018 alle 08:34 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 02:13

    L’ex ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, sostiene da diverse settimane che il centrosinistra, in evidente crisi di consenso, possa rilanciarsi solo attraverso la costituzione di uno schieramento di forze ampio, che vada oltre il singolo blocco del Partito democratico (qui abbiamo spiegato perché la proposta ha senso).

    Secondo Calenda, che si è iscritto al Pd all’indomani delle elezioni politiche del 4 marzo, questo nuovo soggetto politico che a suo avviso dovrebbe nascere potrebbe chiamarsi Fronte repubblicano.

    Oggi, mercoledì 27 giugno 2018, il quotidiano Il Foglio ne ha pubblicato intervento dello stesso ex ministro intitolato “Il manifesto politico di Carlo Calenda”. In sostanza, è il Manifesto del Fronte repubblicano.

    Nel documento, Calenda auspica “un’alleanza repubblicana che vada oltre gli attuali partiti e aggreghi i mondi della rappresentanza economica, sociale, della cultura, del terzo settore, delle professioni, dell’impegno civile”.

    L’ex titolare del Mise spiega quali sono, a suo avviso, le cause all’origine della crisi di rappresentanza del centrosinistra.

    “Dall’89 in poi i partiti progressisti hanno sposato una visione semplificata e ideologica della storia. L’idea che l’avvento di un mondo piatto, specchio dell’Occidente, fondato su: mercati aperti, multiculturalismo, secolarizzazione, multilateralismo, abbandono dello stato nazionale, generale aumento della prosperità e mobilità sociale, fosse una naturale conseguenza della caduta del comunismo si è rivelata sbagliata”, scrive.

    “La crisi dell’Occidente ha portato alla crisi delle classi dirigenti progressiste che hanno presentato fenomeni complessi, globalizzazione e innovazione tecnologica prima di tutto, come univocamente positivi, inevitabili e ingovernabili allontanando così i cittadini dalla partecipazione politica”.

    Il risultato, secondo Calenda, “è stato l’esclusione del diritto alla paura dei cittadini e l’abbandono di ogni rappresentanza di chi quella paura la prova”.

    “I progressisti sono inevitabilmente diventati i rappresentanti di chi vive il presente con soddisfazione e vede il futuro come un’opportunità”, scrive l’ex ministro, che poi traccia un quadro di quel che invece potrebbe accadere nei prossimi anni.

    Entro il 2030, dice, “le forze del mercato, della demografia e dell’innovazione porteranno a una drammatica collisione a meno di non correggerne e governarne la traiettoria”.

    Secondo l’esponente dem, “l’Italia è la prima grande democrazia occidentale a cadere sotto un Governo che è un incrocio tra sovranismo e fuga dalla realtà”. “Occorre riorganizzare il campo dei progressisti per far fronte a questa minaccia mortale”, sottolinea.

    Calenda individua allora cinque priorità che devono offrire “uno strumento di mobilitazione ai cittadini” per “salvare la Repubblica dal ‘sovranismo anarcoide’ di Lega e M5S”.

    La prima è “tenere in sicurezza l’Italia sotto il profilo economico e finanziario”: “Deficit e debito vanno tenuti sotto controllo, non perché ce lo chiede l’Europa ma perché è indispensabile per trovare compratori per il nostro debito pubblico”, scrive l’ex ministro.

    Sotto il profilo della gestione dei flussi migratori bisogna “proseguire il ‘piano Minniti’ per fermare gli sbarchi” e “accelerare il lavoro sugli accordi di riammissione e gestione dei migranti nei paesi di transito e origine”.

    La seconda priorità del Manifesto repubblicano è “proteggere gli sconfitti”, attraverso il rafforzamento di “strumenti come il reddito di inclusione, nuovi ammortizzatori sociali, le politiche attive e l’apparato di gestione delle crisi aziendali”.

    Secondo Calenda, bisogna anche “approvare il salario minimo per chi non è protetto da contratti nazionali o aziendali” e impegnare le aziende “su salari e il no a delocalizzazioni”.

    Terza priorità, per l’ex ministro, è “investire nelle trasformazioni su infrastrutture materiali e immateriali (università, scuola e ricerca) e finanziare un piano di formazione continua per accompagnare la rivoluzione digitale”.

    Inoltre, quarto punto, occorre “promuovere l’interesse nazionale in Ue e nel mondo, partecipando al processo di costruzione di una Unione sempre più forte”.

    La quinta priorità individuata da Calenda è un “piano shock contro l’analfabetismo funzionale”, attraverso l’estensione del tempo pieno a tutte le scuole, programmi di avvio alla lettura, lingue, educazione civica, sport per bambini e ragazzi e l’utilizzo del patrimonio culturale per introdurre i bambini e i ragazzi all’idea, non solo estetica, di bellezza e cultura”.

    Secondo il promotore del Fronte repubblicano, “per fare tutto ciò occorre tornare ad avere uno Stato forte, ma non invasivo che garantisca in primo luogo ai cittadini gli strumenti per comprendere i processi di cambiamento e per trovare la propria strada NEI processi di cambiamento, ma che non butti i soldi pubblici per nazionalizzare Alitalia o Ilva”.

    “La battaglia che abbiamo di fronte si vince anche sconfiggendo il cinismo dei sostenitori di un paese fai da te”, scrive Calenda. “Si può fare: L’Italia è più forte di chi la vuole debole”.

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