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    Il dialogo fra Usa e Russia ripartirà, ma solo dopo le elezioni di midterm americane (di G. Gramaglia)

    Credit: EPA/ALEXANDER ZEMLIANICHENKO

    "C'è la percezione che qualcosa si stia muovendo. Per l'Occidente è ora di azzardare un mix: aiutare Kiev e intanto sondare il Cremlino"

    Di Giampiero Gramaglia
    Pubblicato il 14 Ott. 2022 alle 10:28 Aggiornato il 14 Ott. 2022 alle 10:31

    Escalation di guerra e spiragli di pace. Il conflitto In Ucraina, al suo ottavo mese, conosce una fase di recrudescenza, dopo settimane di stallo: controffensiva ucraina; minacce nucleari; sabotaggi, forse incrociati, ai gasdotti Nord Stream nel Baltico e al ponte sullo stretto di Kerch; pioggia mai vista finora di missili sulle città ucraine. L’escalation accresce dubbi e interrogativi: gli Stati Uniti e i loro alleati devono (solo) fare di più perché l’Ucraina fronteggi l’invasione? O devono (anche) fare qualcosa perché Kiev e Mosca avviino negoziati?Per l’Occidente è l’ora di tralasciare la retorica della lunga guerra dominante dalla fine di marzo, quando la voce negoziati fu archiviata, e azzardare un mix: continuare ad aiutare Kiev, ma intanto sondare Mosca. Lo spettro di un conflitto atomico è un enorme deterrente; e l’angoscia dell’impatto, sulla gente e sull’economia, d’una crisi energetica in pieno inverno è una forte spinta a far fermare la guerra, anche solo con un cessate-il-fuoco. E mentre i falchi del Cremlino chiedono di colpire più duramente l’Ucraina, e gli oltranzisti di Kiev pongono preclusioni radicali a qualsiasi trattativa, speranze di dialogo si socchiudono: la Russia è pronta a considerare un incontro tra Putin e Biden, a Bali, in novembre, al vertice del G20.

    L’apertura del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov è ipotetica: da Washington non è ancora venuta nessuna proposta, ma Biden non la esclude, «dipende – dice – da quel che Putin vuole mettere in tavola». La Turchia, il Paese diplomaticamente più attivo nel conflitto, fa un appello a Mosca e Kiev perché trovino un cessate-il-fuoco «il più presto possibile»; e ad Astana, in Kazakistan, Putin ed Erdogan s’incontrano, a margine di una Conferenza sul rafforzamento della fiducia in Asia. La Cina dichiara preoccupazione per l’escalation e invita le parti in causa a risolvere le divergenze «con il dialogo e le consultazioni», pronta a «svolgere un ruolo costruttivo nell’allentamento delle tensioni». La diplomazia vaticana tesse trame sotto traccia. C’è fermento e c’è la percezione che qualcosa si stia muovendo, al di là delle prese di posizione formali con cui i leader del G7 s’impegnano a imporre «ulteriori costi economici» alla Russia e restare al fianco dell’Ucraina per tutto il tempo necessario. La linea è sempre quella che fermezza e compattezza avvicinano la fine della guerra. Ma, dopo il voto di midterm l’8 novembre, potrebbero aprirsi varchi di dialogo tra Usa e Russia. A Washington, Biden ha una girandola di contatti per evitare crepe nella coalizione pro-Ucraina e mantenere il fronte dei leader alleati compatto, nell’imminenza dell’inverno che potrebbe innescare fibrillazioni in Europa e di fronte al crescente scetticismo di deputati e senatori sui miliardi di aiuti destinati all’Ucraina.

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