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    “Si vince restando in piedi mentre gli altri cadono”: Tommasi ha fatto suo il teorema di Steven Bradbury (di L. Telese)

    Di Luca Telese
    Pubblicato il 27 Giu. 2022 alle 16:15 Aggiornato il 27 Giu. 2022 alle 16:41

    Come ha fatto a vincere contro il centrodestra in una città di destra? Damiano Tommasi, intervistato da Dario Vergassola spiega il suo successo a sorpresa – tra il serio e il faceto – citando come esempio l’incredibile biografia di un pattinatore olimpico che ha molto amato. Il comico lo prende in giro per essersi fatto largo tra i due “Montecchi e Capuleti” (Tosi e Sboarina), evocando Sheakeaspeare.

    Il neosindaco, invece, cita questo precedente sportivo dimenticato: “Per me c’è, come modello e ispirazione, una bellissima storia sportiva, quella di Steven Bradbury, pattinatore australiano ricordato per aver vinto, contro ogni pronostico, la medaglia nei 1000 metri alle Olimpiadi di Salt Lake City nel 2002”. Vergassola ovviamente non conosceva Bradbury. E così Tommasi ripercorre il suo calvario. Atleta di grande talento, il pattinatore australiano aveva vissuto un gravissimo dramma: “A Montreal, nel 1993, Bradbury aveva subito un grandissimo infortunio: durante uno scontro, colpito dal pattino di un avversario, Fredric Blackburn, aveva riportato una profonda ferita all’arteria femorale. Aveva perso 4 litri di sangue e rischiato addirittura la morte”.

    Tuttavia non si era arreso. Era tornato, dicevano che non aveva più il talento e l’istinto di prima dell’infortunio. Tuttavia, aggiunge Tommasi, con la sua tenacia era riuscito a qualificarsi fino ai giochi del 2002. In quell’occasione, racconta il neosindaco di Verona, “Aveva vinto ancora, anche se in un modo un po’ strano”. Ed ecco il colpo di scena: “Dopo essersi qualificato nella sua batteria, ai quarti di finale Bradbury era giunto terzo dietro i favoriti Apolo Ohno e Marc Gagnon. Passavano i primi due. Ed è solo la squalifica del secondo, dunque, che gli apre le porte della semifinale”.

    Apparentemente senza chances, dunque. Peró… “In semifinale, dopo le cadute di Kim Dong-Sung, Mathieu Turcotte e Li Jiajun e la squalifica di Satoru Terao, Bradbury vince e si qualifica per la finale”. E non è finita qui. In finale – aggiunge Tommasi – l’australiano ritrova Jiajun, Turcotte, Ohno e Ahn Hyun-Soo. La medaglia sembra impossibile. “Così – aggiunge il sindaco di Verona – fino all’ultimo giro, Bradbury si ritrova in netto ritardo rispetto ai quattro. Ma all’ultima curva, però, Jiajun cade nel tentativo di sorpassare Ohno, il quale perde l’equilibrio e trascina con sé anche il canadese e il coreano”.

    Morale della favola: “Bradbury così ha conquistato la medaglia d’oro con il tempo di 1’29″109, il primo titolo olimpico invernale per un atleta dell’emisfero australe, davanti a Ohno e Turcotte”. La storia piace moltissimo, a Tommasi, anche per la storica dichiarazione di vittoria di Bradbury: «Non ero certamente il più veloce, ma non penso di aver vinto la medaglia col minuto e mezzo della gara. L’ho vinta con quello che ho fatto in tutta la mia carriera, dopo un decennio di calvario». Ed ecco la morale di Tommasi: “la medaglia d’oro, nella vita, a volte si vince restando in piedi mentre tutto gli altri cascano. Il che è comunque un talento”. A lui è successo anche questo.

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