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    Salvini parla tanto di poltrone ma lui è ancora lì, attaccato alla sua

    Matteo Salvini, leader della Lega. Credit: Filippo MONTEFORTE / AFP

    Il leader della Lega non ha mai lavorato in vita sua

    Di Giulio Cavalli
    Pubblicato il 2 Set. 2019 alle 18:11 Aggiornato il 27 Set. 2019 alle 16:21

    C’è una cosa che sfugge in questo rumore di fondo urlato da Salvini che continua a fare gne gne per avere perso l’opportunità di rimanere al governo (e ha fatto tutto da solo, un genio): ogni volta che il leader leghista parla di poltrone non fa altro che rendere ancora più ostico il suo curriculum di uomo che vive di politica dal lontano 1993, qualcosa come 26 anni, da quando cominciò da consigliere comunale a Milano per avviarsi a un carriera nelle istituzioni che, di fatto, non l’ha mai visto lavorare in vita sua, se non come politico pagato con soldi pubblici.

    Non è un caso che il giornalista Davide Vecchi lo scrisse su Il Fatto Quotidiano e venne assolto dopo essere stato querelato: Salvini non ha mai lavorato in vita sua, lo dice anche il tribunale.

    Sempre a proposito di attaccamento alla poltrona, stupisce anche che il leader leghista si sia presto dimenticato le sue mirabolanti imprese in termini di assenteismo: da ministro ha saltato l’85 per cento dei vertici europei per impegni molto gravosi, come quando lo scorso 6 giugno, mentre in Europa di discuteva di sicurezza e immigrazione (temi su cui Salvini ha costruito la propria fortuna), il quasi ex ministro dell’interno ha preferito dedicarsi a un comizio elettorale a Paderno Dugnano e poi a un’ospitata nel salotto televisivo di Pomeriggio 5 con Barbara D’Urso.

    Ha saltato sei incontri internazionali su sette preferendo dedicarsi alle sue dirette Facebook in cui se la prendeva proprio con l’Europa. Sempre da ministro vale la pena ricordare che, prima della crisi che lui stesso ha innescato mentre stava in spiaggia, si è visto al lavoro negli uffici del Viminale per una giornata intera solo 17 volte in tutto il 2019: si potrebbe dire che sia un fulgido esempio di furbetto del cartellino.

    Tra i dipendenti del ministero girava una battuta che non lo era: “Incontrare il ministro? Si fa prima con VinciSalvini, sperando che sia lui a richiamare…”, dicevano. Le sue assenze al Parlamento Europeo ormai sono un caposaldo della letteratura: quando il segretario generale della Fim, Marco Bentivogli, lo definì “il più grande assenteista di Bruxelles”, venne querelato e assolto.

    Nella Commissione sul commercio internazionale di cui faceva parte da eurodeputato, Salvini ha partecipato al 18 per cento delle sedute. E da ministro? Da ministro non si è ancora dimesso. Strepita, urla, ma rimane lì fino all’ultimo secondo. Questo per chiarire di cosa stiamo parlando quando si sente dire di poltrone.

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