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    Studenti manganellati, giornalisti intimiditi, giudici attaccati: il fascismo è tornato? (di R. Parodi)

    Credit: AGF

    La cronaca si è incaricata di smentire la consolatoria teoria che il fascismo è morto con Mussolini, che il Ventennio appartiene al passato dell’Italia e dunque che il pericolo nero non è fra le ipotesi percorribili nel futuro più o meno immediato. È una pericolosa illusione

    Di Renzo Parodi
    Pubblicato il 29 Ott. 2025 alle 11:19

    Ingenui? Distratti? Complici più o meno coscienti? In malafede? Non so davvero come definire i tanti, troppi intellettuali, giornalisti, politici – che si ostinano a dire che il fascismo non c’è più. Purtroppo il fascismo è tornato di prepotenza fra noi, ha rialzato la testa e riafferma orgogliosamente i propri “valori-disvalori”. Intolleranza, violenza, suprematismo, razzismo, con la postura ideologica del rifiuto delle regole della democrazia, tanto più imperfetta quanto più vulnerabile alla spallata nera che vorrebbe abbatterla.

    La cronaca si è incaricata di smentire la consolatoria teoria che il fascismo è morto con Mussolini, che il Ventennio appartiene al passato dell’Italia e dunque che il pericolo nero non è fra le ipotesi percorribili nel futuro più o meno immediato. È una pericolosa illusione.

    Certamente non vedremo Giorgia Meloni affacciarsi al balcone di palazzo Chigi e dichiarare guerra o annunciare che l’impero è tornato sui colli fatali di Roma. Né assisteremo a parate militari bellicose o a proclami sulla necessità di liberare l’Italia dai lacci imposti dalle demoplutocrazie nemiche del nostro popolo. L’armamentario retorico del fascismo, salvo qualche folkloristica uscita a Predappio (comunque fuori dal perimetro della legge), quello sì è finito in soffitta. Non lo è affatto il pericolo per la democrazia, più grave perché è subdolo e si ammanta di ipocrisia e verità scientemente manipolate per sviare l’opinione pubblica e dirottarla su polemiche irrilevanti.

    La cronaca si incarica di segnalarci segnali chiari della deriva nera. A Predappio un migliaio di camicie nere salutano a braccia tese l’anniversario della marcia su Roma senza essere identificati. Con ciò rivendicando il diritto a celebrare il fascismo. In spregio alla legge che lo vieta. Il pg milanese Bossi ha stigmatizzato l’episodio come “un pericolo per l’ordinamento costituzionale e trovano terreno sempre più fertile”. In occasione di manifestazioni pacifiche a sostegno della Palestina la polizia ha invece provveduto ad identificare i presenti. Se c’è da manganellare studenti non ci si tira indietro. Anche questi sono segnali.

    A Genova un manipolo di giovanissimi militanti di estrema destra, incappucciati, al grido di “Viva il duce!” fa irruzione nel liceo da Vinci, occupato dagli studenti, accende una rissa, devasta i locali e traccia sui muri una croce uncinata. Chiamata in soccorso, dicono i testimoni, la polizia giunge sul posto con ore di ritardo.

    Il giornalista Alessandro Sahebi è stato aggredito in strada in via Merulana a Roma da un gruppetto di neofascisti e percosso di fronte alla moglie e al figlio di sei mesi. Si era rifiutato di sfilarsi la felpa che portava impressa una scritta antifascista.

    Lo scorso anni il giornalista de La Stampa Andrea Joly era stato aggredito mentre transitava di fronte alla sede torinese di CasaPound. Il recente agguato al pullman della squadra di basket di Pistoia che ha provocato la morte dell’autista era stato condotto da tre neofascisti, identificati ed arrestati. Sono militanti dell’estrema destra, nelle loro case sono stati rinvenuti ritratti del duce ed altre cianfrusaglie che rimandano al regime.

    A Torino un gruppo di studenti di Gioventù Nazionale (la filiazione giovanile di FdI) si è presentato ai cancelli del liceo Einstein volantinando “contro la cultura dei maranza”, qualunque cosa significhi. Ne è nato un parapiglia con gli studenti del collettivo antifascista, la polizia, intervenuta in assetto antiguerriglia, ha fermato e ammanettato un sedicenne del liceo Einstein. Successivamente ha presidiato la sede di Fratelli d’Italia bersagliata da lanci di uova.

    In un recente passato un gruppetto di neofascisti ha assalito gli studenti del liceo Michelangelo di Firenze. La preside ha denunciato l’accaduto e il ministro Valditara ha minacciato provvedimenti nei confronti della dirigente scolastica. Analogo scenario lo scorso febbraio al liceo Pigafetta di Vicenza.

    È interminabile l’elenco dei raid neri contro studenti e chiunque professi apertamente il suo antifascismo. Prontissimi ad esecrare qualunque episodio coinvolga elementi di sinistra, il governo e gli esponenti di Fdl tacciono. Sottovalutare questi rigurgiti neri è un errore di cui pagheremo il conto.

    Anche il fascismo storico si fece largo con incursioni, pestaggi, intimidazioni tollerate o incoraggiate, per ordini superiori, dalle forze dell’ordine. Il regime si affermò grazie alla connivenza delle istituzioni, re Vittorio Emanuele III in testa alla lista. Non illudiamoci che la democrazia odierna, screditata com’è, abbia gli anticorpi per difendersi. Occorre reagire attivamente.

    La destra al potere si muove nella cornice di una presunta legalità, però approva leggi liberticide (il decreto sicurezza), disarticola i presidi legalitari degli organi istituzionali di controllo, attacca frontalmente la magistratura, intimidisce e sanziona la libera stampa o quel che ne rimane, la maggior parte dell’informazione si è già piegata alla legge del più forte. Induce la gente a pensare che sia giusto rinunciare ai diritti in cambio di maggiore sicurezza, nonostante che gli episodi di criminalità, politica e comune, smentiscano l’assunto. Più repressione non significa più sicurezza. Anzi, spesso è vero il contrario. La repressione incoraggia il reato.

    Luciano Canfora ha scritto un pamphlet e lo ha intitolato “Il Fascismo non è mai morto”. Andrebbe letto nelle scuole. Umberto Eco parlò del “fascismo eterno”. La storia della Repubblica è intessuta del sangue delle stragi neofasciste. Da piazza Fontana a piazza della Loggia, passando per le bombe sui treni: l’Italicus e il rapido 904, fino alla strage alla stazione di Bologna. Tutti eventi eversivi riferiti dalle indagini e dalle sentenze della magistratura a matrici neofasciste. Alle spalle degli esecutori materiali si muovevano ispiratori politici, purtroppo raramente smascherati, proprio come è avvenuto le stragi di mafia.

    Tutto quel sangue stragista ha avuto due precedenti più politici, i tentati golpe del generale De Lorenzo (1964) e del fascistissimo ex comandante della famigerata X Mas che Vannacci esalta: il principe Junio Valerio Borghese. Entrambi quei colpi di stato di chiara matrice fascista, entrambi fortunatamente e fortunosamente falliti per l’insipienza degli autori. Sfidare nuovamente oggi la sorte sarebbe un azzardo.

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