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    L’incredibile storia dei 700mila euro di Renzi

    Credit: ANSA/ANGELO CARCONI

    Dai 15mila euro sul conto una volta finito l’incarico da premier alla villa da 1,3 milioni comprata tre mesi dopo: ecco cosa si nasconde dietro quei 700mila euro prestati a Matteo Renzi

    Di Luca Telese
    Pubblicato il 14 Lug. 2021 alle 19:06 Aggiornato il 1 Ago. 2021 alle 13:17

    Vedi alla voce insabbiare. La cosa più bella, sul caso Matteo Renzi, è uno stato d’animo giornalistico ben raccontato dalla prima pagina di Libero di oggi: “La vendetta dei Pm: Renzi indagato”.

    Un titolo straordinario perché rivela un certo umore, un sentimento dei media, gli effetti di un’ottima campagna di depistaggio, la tanta voglia di taroccare una notizia che i signori dell’informazione trattano quasi controvoglia. Renzi è di nuovo indagato, e la colpa, secondo i giornali amici, non è sua, o di una imputazione che andrebbe come minimo verificata, ma dei suoi presunti persecutori togati. Ed ecco il fatto (a dir poco clamoroso) oscurato nel racconto pubblico di questa vicenda.

    I magistrati hanno scoperto che Renzi ha preso dall’agenzia dell’amico Lucio Presta 700mila euro firmando un contratto per tre programmi televisivi: il primo, un documentario, è stato realizzato (ma scopriremo tra poco a che prezzo). Gli altri due programmi, invece, a distanza di quattro anni non hanno mai visto la luce.

    Il primo, su cui all’epoca si favoleggiava di una formidabile asta, è stato venduto. Ma i pm hanno anche scoperto che la cifra del contratto è…. Mille euro. Altra notizia interessante: questa fattura non è stata mai pagata. Quindi, il saldo teorico dell’agenzia Presta è questo: 700mila euro dati all’ex premier. Incasso teorico a fronte di questa impresa: mille euro. Incasso contabile reale: zero. Mica male, no? Se fossimo nel mondo delle favole si potrebbe dire: forse è un investimento andato male. Nel mondo reale una domanda bisogna farsela.

    Invece la vicenda scompare, affogata dalla consueta narrazione vittimistica renziana. Ecco La Repubblica, in perfetto stile Gedi: “Quelle inchieste che tengono l’ex premier sulla graticola”. Quindi la colpa è “delle inchieste”, non di questi numeri che ballano. E subito dopo, sempre nel titolo, c’è il virgolettato del martire di Italia Viva: “Ma a me nessuno fa paura”. Ovviamente Renzi si guarda bene dal spiegare o chiarire: “È tutto in regola”, dice. Cosa, di grazia?

    Anche il Giornale sembra in linea con l’ufficio stampa leopoldino: “Attacca le toghe, Renzi indagato”. Quindi è vittima con dolo: non è indagato per questi bilanci sbarazzini, ma perché le toghe (cattive) ovviamente, si vogliono vendicare. Renzi martire della libertà di opinione, perseguitato solo perché ha minacciato di firmare i referendum radicali: e in realtà, a bene vedere, se le toghe fossero scaltre dovrebbero gioire: il sostegno di Renzi, dopo il 2016, è una buona garanzia per far fallire un quesito referendario.

    Ma torniamo alla rassegna stampa. Solo con il Corriere della Sera si tira un sospiro di sollievo, perché il titolo del quotidiano di via Solferino è ineccepibile: “Renzi e Presta indagati per il documentario su Firenze: finanziamento illecito”. Ecco, il tema che sparisce dal dibattito è questo: qualcuno ha dato 700mila euro a Renzi, senza guadagnare un solo euro in cambio.

    Ma siccome Renzi è stato Presidente del Consiglio, ha amministrato la cosa pubblica, ha gestito le nomine in Rai, se qualcuno lo paga 700mila euro, più di Alberto Angela, per un documentario che ne costa mille, qualche domanda è giusto farsela.

    Soprattutto perché la storia di questo milione di euro del leader di Italia Viva non comincia con questo avviso di garanzia. Inizia il 18 gennaio 2018 quando, ospite di Nicola Porro in una puntata di Matrix in piena campagna elettorale, Renzi dice al giornalista: “Le mostro l’estratto conto del mio conto corrente bancario!”. Il colpo di teatro è perfetto: nel saldo si legge che l’ex premier può contare solo su 15.859 euro.

    Peccato che cinque mesi dopo, La Verità riveli che l’uomo di Rignano sta comprando a Firenze una villa da 1,3 milioni di euro. E che la notizia susciti parecchio scalpore, se è vero che i coniugi Renzi in quei giorni pagano ancora una rata mensile di 4.250 euro per il mutuo della loro vecchia casa di Pontassieve (che all’epoca non è stata ancora stata venduta).

    Da dove vengono, allora, i soldi per il villone di Firenze? Mistero. Renzi, inaugurando la sua strategia, non lo dice. Lamenta una intrusione nella sua vita privata (già allora) spiega che vende la sua villa di Pontassieve. E dice: “Sono stato eletto parlamentare e prendo un ottimo stipendio. Non avendo più attività di Governo – aggiunge – posso avere ulteriori entrate e persino prendere un mutuo”.

    I giornali si accontentano di questa spiegazione, del super-acquisto non si parla più. Renzi si compra anche una Mini Cooper da 29mila euro, mentre dalla dichiarazione patrimoniale si apprende che nel 2017 ha guadagnato solo 29mila euro lordi. Ma non è finita: nel novembre del 2019, un’inchiesta di Emanuele Fittipaldi, su L’Espresso, rivela da dove arrivano quei soldi.

    Per poter stipulare il rogito, Renzi (si era ben guardato dal dirlo), aveva ottenuto un prestito generosissimo e difficile da decrittare a prima vista grazie ai soldi ricevuti dalla madre di un imprenditore fiorentino. Si tratta di Riccardo Maestrelli, che in passato è stato un generoso finanziatore della fondazione renziana e che, grazie al Presidente del Consiglio, è stato nominato alla Cassa Depositi e Prestiti. Dalla famiglia Maestrelli sono arrivati (fate attenzione alla cifra) 700mila euro.

    All’inizio Renzi replica duro a tutte le notizie: “Ho restituito tutto, denuncerò L’Espresso per violazione del segreto bancario”.
    Ma intanto il caso monta e diventa molto imbarazzante. Senza la segnalazione della banca per la normativa anti-corruzione il movimento di denaro non sarebbe stato tracciato. E così l’ex premier è costretto ad una nuova correzione del tiro: “Dovendo effettuare un anticipo bancario ho fatto una scrittura privata con un prestito concesso e restituito nel giro di qualche mese, quattro mesi circa”.

    Per togliersi dall’imbarazzo di un caso che ha una doppia valenza politica ed economica, insomma, Renzi ha bisogno di una cifra molto importante. E dove la va a prendere? Da Presta, ovviamente: così non si può capire l’importanza di questa inchiesta, se non si capisce che quel contratto “televisivo” era già un enorme “bancomat” con cui l’ex presidente sanava la situazione dopo mille polemiche.

    Se non altro perché il percorso era stato questo: i soldi sul conto corrente dell’anziana signora, che erano serviti per il prestito a Renzi, arrivavano dalla Cassa di Risparmio di Firenze, e arrivavano dalla Pida spa. E cos’era la Pida? Una holding fiorentina fondata dal marito della madre di Maestrelli e in quegli anni gestita dai tre figli della signora e dalla stessa Anna Picchioni. La Pida non aveva iscritto il finanziamento nel suo bilancio.

    La causale del bonifico era: “Pagamento in conto acquisto 25 partecipazione Mega srl”. Il nome di Renzi non appariva in nessun modo. Il giorno dopo questa operazione era stato fatto un bonifico di pari importo, da quello stesso conto, a un altro aperto dal leader di Italia Viva presso il Banco di Napoli.

    Il 13 giugno i due coniugi Renzi, ritiravano i fondi chiedendo 4 assegni per 100mila euro ciascuno che sarebbero serviti per pagare la caparra. Il giorno prima di andare a comprare la sua villa da 1,3 milioni di euro, dunque, Renzi non aveva un solo euro per l’acconto.

    Solo alla vigilia dell’acquisto incassa questa cifra, con cui dispone gli assegni di cui sopra. Quando si ritrova sotto il rischio di una inchiesta e di una polemica e deve risolvere in qualche modo la questione del prestito, onorandolo, Renzi ottiene con perfetto tempismo il contratto provvidenziale di Presta.

    Ecco perché non c’è nessuna persecuzione nei suoi confronti: non un filone di inchieste pretestuose, ma un unico percorso intorno ad un unico problema. I finanziatori cambiano, insomma, ma i soldi sono sempre gli stessi. Ecco perché Renzi non ha nessun pretesto per alimentare il suo pianto vittimistico.

    Ovviamente può sempre dire che i giornalisti che indagano sulle sue risorse lo facciamo “per invidia”, come scrivono i suoi supporter sui social. E questa è l’unica cosa certa: anche io – infatti – vorrei comprarmi una villa e avere un amico che mi presta 700mila euro per poterlo fare.

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