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    Mario Giordano: il conformista stridulo che si crede Funari

    Mario Giordano. Credit: Twitter
    Di Franco Bagnasco
    Pubblicato il 20 Apr. 2020 alle 14:07 Aggiornato il 20 Apr. 2020 alle 14:14

    Giuro, un’altra possibilità gliela do (quasi) sempre. Instancabile e cocciuto sognatore che non sono altro. Ma poi è più forte di me: appena sento quei sovracuti; quello stridio allo scambio dei binari da vecchio tram milanese; quelle interpretazioni intense da mezzo soprano in carriera, beh, come un rabdomante con la sua bacchetta corro posseduto al telecomando, che vibra poderoso, e pigio un tasto. Uno a caso. Basta cambiare canale. Basta salvarsi. Perché la forma (dell’onda sonora), è sostanza.

    È sicuramente un mio limite, ma la voce di Mario Giordano per più di un minuto e mezzo non riesco ad ascoltarla. Poi inizio a contorcermi sul divano come Linda Blair ne “L’ Esorcista”. Mentre i vicini più guerrafondai mi prenotano per la prossima riunione di condominio. Mi è successo anche ieri sera, mentre facendo zapping sono caduto su Marione nostro nel salotto di “Live – Non è la D’Urso” (a proposito: noto che la signora è passata stabilmente dalle paillettes ai tailleur, l’importante è restare sul francese) accanto ad Alda D’Eusanio. Che a confronto ha la sobrietà sonora del Presidente Sergio Mattarella in un ponderoso discorso alla nazione.

    Giordano, nato ad Alessandria, classe 1966, iniziò come penna della carta stampata. E lì, secondo me, avrebbe fatto meglio a restare. Prima al settimanale torinese “Il nostro tempo”, poi a “L’Informazione”, infine al “Giornale” che fu di Indro Montanelli (peccato non con lui a La Voce: quella sarebbe stata una trovata perfetta, nonché l’uovo di Colombo). Sottostimando una fra le grandi prerogative delle pagine cartacee, cioè quella di produrre al massimo un fruscio, un giorno il nostro decise di passare alla tv. La quale però, disgraziatamente, ha l’audio.

    A Gad Lerner nel ’97 serviva uno che vestisse i panni del Grillo Parlante nel suo “Pinocchio”, in Rai, e giustamente deve aver pensato: c’è qualcosa di più adatto del continuo frinire di Mario per dare corpo alla mia nuova creatura? Ingaggiato. La giordanica prosa aveva un suono così particolare da diventare negli anni oggetto di svariate imitazioni e parodie. Sino ad arrivare al titolo del novembre 2019 di quelle sagome politicamente scorrette di Lercio: “Moglie di Mario Giordano svela il segreto della durata del loro rapporto: ‘Sono sorda’”.

    Nel 2000 il nostro scippa a Paolo Liguori la direzione di Studio Aperto, il tg di Italia 1. Rete sulla quale nel 2003-2004 propone anche l’indimenticato “Lucignolo”, seguito a ruota da “L’Alieno”, in quest’ultimo anche in veste di conduttore. Modulare la sua frequenza cercando di dialogare con forme di vita editoriali che stanno molto in alto, sui cieli di Lombardia, potrebbe essere il segreto che l’ha portato nel 2010 alla direzione di NewsMediaset, seguito da TgCom24, Videonews, Tg4 e nel 2018 dalla direzione Strategie e Sviluppo dell’informazione Mediaset. Stesso anno in cui debutta su Rete4 con “Fuori dal coro”. Vecchia frase magica che diventa anche escamotage esaltativo (e auto-esaltativo) di un certo tipo di lettorato che si crede particolarmente indipendente nel giudizio, senza accorgersi di essere in realtà intruppatissimo in quel coro. Anzi, di esserne l’essenza stessa. Ma Giordano in questo è un pifferaio magico abilissimo. E il suono acuto prodotto dallo strumento, del resto, è quello.

    Con “Fuori dal coro” il nostro, consumato Grillo Parlante da palcoscenico, si convince purtroppo di essere anche la reincarnazione di Gianfranco Funari. E spettacolarizza sempre di più, con una cifra spesso debordante col trash, il suo modo di fare informazione. La ricetta di Giordano è la quintessenza della demagogia e del populismo, che fa leva di solito sull’elencazione di magagne italiane seguite da relativi e rumorosi anatemi stile “Bar Sport”. Funari si dichiarava “Giornalaio”; Mario fa il “Giornalista” che funareggia. Qualche mese fa, in diretta, è arrivato persino a frantumare con violenza alcune zucche simboleggianti Halloween. Festa americana per antonomasia importata in Italia, dunque simbolo dello Dimonio in persona. Dunque da cancellare subito dalle nostre vite a colpi di clava.

    Peccato che per distruggere le zucche il Rambo alessandrino abbia utilizzato un’americanissima mazza da baseball. Peccato che di Funari ce ne sia stato uno solo. Peccato che Mario nostro non abbia imparato la frase più illuminante del “collega” Gianfranco, sulla tv: “La televisione è la gestione, intelligente o stupida, accorta o distratta, felice o infelice, dell’imprevisto”. Gli imprevisti di Giordano sono troppo prevedibili e recitati per essere definiti come tali. E appuntarsi sul petto (da soli, per giunta) una coccarda con scritto sopra: “Fuori dal coro” risulta un po’ stucchevole. Da sempre. Anche perché non importa se tu sia fuori o dentro quel coro. L’importante è che tu sappia cantare. Che tu riesca a far sentire quanto è melodiosa la tua voce.

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