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    Un internet verde: ecco come la tecnologia può salvare l’umanità dagli incendi boschivi

    Di Antonello Ciccozzi
    Pubblicato il 9 Ago. 2021 alle 17:40 Aggiornato il 9 Ago. 2021 alle 17:53

    INCENDI E ANTROPOCENE

    Se gli incendi boschivi costituiscono un ordinario e positivo processo di ricambio naturale, il loro recente aumento progressivo è un fenomeno del tutto artificiale, una cifra dell’antropocene, l’attuale era geologica caratterizzata dai mutamenti ecosistemici radicali causati dall’attività tecnologica umana.

    Il verde che globalmente va sempre di più in fumo è segno di uno squilibrio causato dall’impatto dell’uomo sul pianeta e sintomo di una catastrofe planetaria che se non affrontata in tempo contribuirà, insieme agli altri fattori di crisi a cui è interconnessa, a ridurre in cenere qualsiasi possibilità di sostenibilità ambientale della presenza della nostra specie sul pianeta, in funzione dell’attuale già per troppi aspetti catastrofica impronta ecologica umana. 

    Tutto questo avviene in una circolarità perversa, su un piano di risonanza, in un rapporto di amplificazione reciproca tra processo di surriscaldamento e inaridimento del pianeta e aumento di incendi boschivi, dove va ricordato che i grandi incendi hanno un ruolo importante nell’emissione di gas serra: il riscaldamento del pianeta aumenta gl’incendi boschivi, gli incendi boschivi accelerano il riscaldamento del pianeta. 

    Perciò gl’incendi boschivi andrebbero intesi antropologicamente come un “fatto sociale totale”, ossia un fenomeno che pur avendo carattere particolare influenza la società in generale, riguardando in modo più o meno diretto ma sempre rilevante e ineludibile la vita di tutti. E in più questo fenomeno ha un carattere planetario, per cui di fronte a questi incendi si dovrebbe parlare di “fatto sociale totale globale”.

    INCENDI E INCOSCIENZA

    Come specie siamo incoscienti rispetto a questo rischio, doppiamente in quanto manchiamo di prudenza e di consapevolezza: siamo incoscienti nell’alimentarlo e nel non avere cognizione piena della sua gravità. Infatti, al crescere di quest’emergenza ambientale a livello globale, non corrisponde una altrettanto pronta presa di consapevolezza collettiva e ricerca istituzionale di soluzioni. Una complicazione di ordine culturale rispetto agli incendi riguarda il prevalere di una narrazione eccezionalista e fatalista che impedisce di inquadrare le caratteristiche sempre di più strutturali e causali di questi fenomeni, e quindi le possibilità di affrontarli e prevenirli in modo programmatico.

    L’eccezionalismo fatalista come cifra narrativa mediatica non ci fa capire che questi incendi non vanno intesi come eventi separati ma che andrebbero compresi come momenti collegati di un processo complessivo di distruzione dell’ambiente. In tal senso aprire nel discorso pubblico spazi di riflessione scientifica su questo dramma, rappresentare socialmente la questione nella sua assoluta gravità, serve perché l’umanità comprenda che se non sarà in grado di salvare gli alberi del pianeta non sarà in grado di salvare se stessa.

    CONTAGIO DELLE IDEE, CONTAGIO DEL FUOCO

    Un problema poi è che la questione rimanda a degli aspetti culturali fondamentali ma la ricerca di una soluzione non può essere affidata a un piano d’intervento unicamente culturale, educativo, di costruzione di consapevolezza sociale in termini di coscienza ecologica individuale e collettiva.

    Ad esempio, guardando a quanto è successo recentemente in Canada in Russia o in Australia, l’aumento di enormi incendi forestali per cause di innesco naturali come i fulmini rimanda a una “naturalità” impropria in quanto deriva indirettamente da cause antropiche di tipo tecnologico, poiché ascrivibile a una conseguenza del riscaldamento e dell’inaridimento del pianeta causato globalmente dalle attività industriali. Questi immensi incendi sono ascrivibili a una causalità primariamente tecnologica, e lottare contro di essi chiama a una necessità di intervento istituzionale imponente su scala planetaria a medio e lungo termine, tanto difficile quanto necessaria.

    Diverso è il discorso che riguarda l’aumento degli incendi boschivi dolosi ravvisabile soprattutto nell’Europa mediterranea, ascrivibili a una causalità multipla in cui dominano fattori di tipo economico. Qui entrano in gioco un insieme variabili sociali, culturali e politiche, mescolate con aspetti psicologici di personalità antisociali ma spinte soprattutto dal vento del tornaconto neoliberista: trame di corruzione e profitto, ombre criminali e mafiose, sentori di degenerazioni istituzionali che riguardano circoli economici viziosi del business degli spegnimenti e dei rimboschimenti, particolari che spesso si intrecciano con la dimensione psicopatologica di perversioni individuali, ignoranza, odio sociale.

    Questo a delineare la cornice operativa sociale della personalità oscura e aberrante del piromane, e nel suo trasformare questo essere, quasi mitologico e mosso da istinti primordiali di distruzione, in una sorta di esecutore economico, di strozzino a servizio di un capitalismo degenerato che si manifesta così in una delle sue forme più perverse, sotterranee, detestabili. Oltre a ciò, la perfidia piromane pare vada in diversi casi assumendo anche i tratti calcolati di un terrorismo ambientalista in cui la distruzione del verde si configura come una forma di sabotaggio, diventa obiettivo razionale finalizzato a produrre danno sociale in una prospettiva di conflitto.

    Se nella coscienza piromane può essere inquadrato un rovesciamento perturbante di quella ecologica, il punto è che quando questi elementi si combinano e si configurano come fattore d’innesco, a poco serve intervenire limitandosi a promuovere una diffusione endemica di valori ambientalisti di tutela: basta che la coscienza piromane nella sua forma predatoria o distruttiva sia diffusa sporadicamente perché si verifichino esiti disastrosi, ciò a partire da una proprietà intrinseca del fuoco boschivo: il contagio.

    Perciò contagiare la coscienza collettiva con il valore della tutela dell’ambiente è condizione necessaria ma non sufficiente per sconfiggere la piaga negli incendi boschivi, questo in quanto le poche persone o gruppi corrotti giocano con la capacità di contagio del fuoco a loro favore.  

    LA SOLUZIONE DEL TELEMONITORAGGIO

    Abbiamo prodotto una tecnologia piromane che sfocia in incendi, e viviamo in un’economia piromane che sugli incendi fa profitto, ma oggi una soluzione a questo problema può venire proprio dalla tecnologia; però per questo serve una presa di consapevolezza culturale sull’esistenza di una via d’uscita possibile, che stimoli i decisori politici a metterla subito in atto globalmente, per attivare un’economia virtuosa basata sulla sorveglianza del verde. 

    Questa soluzione teoricamente già resa possibile dal progresso tecnologico e di cui non ci accorgiamo è data dalla possibilità di telerilevamento degli incendi boschivi attraverso sistemi integrati di monitoraggio dei boschi e di immediato intervento localizzato di spegnimento dei principi di incendio. Con le attuali tecnologie video e software sarebbe possibile telesorvegliare intere foreste, e si potrebbe estendere ciò a tutti gli alberi del pianeta, proteggendoli in un sistema strutturale di sorveglianza a tappeto permanente.

    Attraverso stazioni di controllo, in cui ogni singola telecamera può essere in grado di ispezionare estensioni di decine di chilometri quadri di manto boschivo, si possono inviare i dati a centrali di rilevamento che, interpretando i primi segnali di fuoco la notte o di fumo di giorno, possono dare l’allarme per consentire di spegnere prontamente con interventi mirati a strettissimo raggio qualsiasi focolaio prima che le fiamme si propaghino in un incendio incontrollabile.

    Il tutto può essere integrato anche da una rete di monitoraggio satellitare e l’utilizzo ausiliare di droni per una rilevazione ancora più precisa nella possibilità di incrociare dati visivi o termici, controllati in un sistema informativo geografico (GIS). In buona sostanza, grazie alla nostra capacità tecnologica oggi potemmo tessere una rete informatica di sorveglianza forestale davvero efficace, che – con un concreto sforzo culturale, economico e politico – potrebbe crescere rapidamente fino a poter monitorare tutti gli alberi del pianeta: un internet verde che ci permette di proteggere le nostre vite proteggendo le loro.

    CHIEDERE UN IMPEGNO GLOBALE ALLA POLITICA

    Usare la tecnologia per sorvegliare i boschi sarebbe un modo per trasformare, attraverso investimenti economici su larga scala, vaghi e generici propositi ambientalisti in un sistema concreto di tutela della qualità della vita nel pianeta. Si tratta di cambiare prospettiva, di coniugare il discorso teorico sulla sostenibilità in termini concreti, in una pratica di protezione tecnologica attiva del patrimonio boschivo planetario. Questa opportunità dovrebbe diventare senso comune e volontà collettiva per definire un impegno immediato e prioritario nelle agende politiche nazionali e internazionali, di tutto il globo. Abbiamo i mezzi tecnologici e le possibilità economiche per farlo, manca la consapevolezza culturale e la volontà politica.

    Perciò la questione degli incendi boschivi dovrebbe uscire dall’immediatismo sensazionalista delle cronache estive: la tutela delle foreste del pianeta deve diventare un tema di primo piano, è importante educare nel senso più esaustivo del termine l’umanità ad amare gli alberi, a capire l’importanza, la sacralità, la bellezza assoluta dei boschi e delle foreste, il bisogno imprescindibile che abbiamo di loro, e l’orrore assoluto di ritrovarli da un momento all’altro in cenere.

    Chi ha vissuto o vive in un luogo devastato da un incendio boschivo sa di che immane catastrofe si tratta: un bosco ridotto in cenere è un lutto per il paesaggio, è distruzione di vita e di bellezza; significa ritrovarsi in un luogo imbruttito in modo infernale, che nella migliore delle ipotesi necessiterà di decenni per tornare come prima. Localmente un incendio fa male come un terremoto, e globalmente gl’incendi sono segno e sintomo di un’apocalisse ambientale che non possiamo pensare di affrontare se non siamo in grado di porre ad essi un freno.

    Significa che se un incendio è la morte paesaggistica di un luogo, l’aumento globale degli incendi è la forma più palese in cui si manifesta la morte del pianeta. Tutto questo deve essere fermato il prima possibile; e, dato che abbiamo i mezzi per farlo, dobbiamo farlo il prima possibile. La tecnologia c’è: dovremmo solo pensare più a telesorvegliare alberi e boschi che persone e città.

    Dobbiamo subito abbandonare i rapporti di predazione e distruzione dei boschi e delle foreste. Dobbiamo diventare custodi e costruttori di boschi e foreste, come individui e come specie. Non siamo separati dalla natura, perciò dobbiamo smetterla di pensarci in modo separato da alberi, boschi e foreste: se uccidiamo loro moriamo noi. 

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