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    Le imprenditrici afghane sfidano i talebani (di W. Samadi)

    Di Wadia Samadi
    Pubblicato il 29 Ott. 2021 alle 07:10 Aggiornato il 29 Ott. 2021 alle 07:35

    Negli ultimi vent’anni in Afghanistan la partecipazione femminile al mondo del lavoro è aumentata costantemente e sempre più donne hanno rivendicato il diritto di lavorare fuori casa. «Le nostre donne hanno contributo notevolmente alla crescita economica del Paese. Ben 57mila imprenditrici hanno creato lavoro per sé stesse e per altre 130mila persone grazie alle loro aziende, senza contare le artigiane che lavorano da casa», ricorda Manizha Wafeq, dirigente della Camera di commercio e industria delle donne afghane.

    Attualmente Manizha vive all’estero ma continua a sostenere le imprese femminili rimaste aperte in Afghanistan. «I nostri mercati comprendevano dodici province principali ed erano destinati esclusivamente alle aziende femminili e alle donne afghane. Per la maggior parte sono ancora attivi, le donne lavorano nei negozi e molte cercano di riprendere le proprie attività», rimarca la dirigente. «È importante sottolineare che le afghane sono cambiate: non sono più quelle che i talebani hanno conosciuto nel 1990. Oggi sono più forti, hanno un ruolo più attivo e sono determinate a difendersi».

    Nel settore tessile, aggiunge Wafeq, le aziende guidate da donne prosperano ancora, mentre nel comparto dell’artigianato il volume degli affari è diminuito per lo più a causa del fatto che le persone non possono più permettersi beni di lusso e perché ormai non circola più molto contante. Seppur espatriata, la dirigente sta inoltre tentando di contattare i capi talebani per discutere la situazione di queste imprese. «Non hanno mai ufficialmente annunciato la chiusura delle aziende femminili.

    La Camera di commercio e industria delle donne afghane sta cercando di contattarli per chiedere loro di dichiarare che queste imprese possono continuare a operare. Al momento sono ancora attive ma si teme che i miliziani possano causare problemi o costringerle a sospendere le operazioni», sottolinea Wafeq, che si dice preoccupata per il futuro. «Su questo argomento si nota l’emergere di una serie di divergenze tra i talebani: le milizie non sempre obbediscono alle direttive dei leader». Intanto le imprese hanno un forte bisogno di liquidità per sopravvivere e Wafeq ha ottenuto sovvenzioni sia da “Giving Joy”, un’organizzazione no-profit statunitense che aiuta l’imprenditoria femminile, sia dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo.

    «Abbiamo collaborato con l’Ieew, l’Istituto per l’emancipazione economica femminile, un’altra organizzazione no-profit statunitense, allo scopo di organizzare una gara per la presentazione delle attività aziendali rivolte alle donne afghane. Le tre vincitrici riceveranno premi in denaro da investire nelle rispettive imprese», conclude Wafeq, che sta anche cercando di organizzare una piattaforma per le vendite online, aiutando così le donne afghane a esportare i propri prodotti via Pakistan.
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