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    Noi europei non sappiamo più chi siamo e per questo ci vendiamo al miglior offerente

    Pixabay
    Di Giulio Gambino
    Pubblicato il 16 Dic. 2022 alle 11:04 Aggiornato il 22 Dic. 2022 alle 08:48

    Le cronache di questi giorni sullo scandalo Qatargate portano alla luce due fatti apparentemente sconnessi ma ineluttabilmente legati fra loro: 1. la sinistra vive una delle crisi identitarie più profonde della sua storia (ne abbiamo parlato spesso e continueremo a farlo), e non a caso i giornali di destra vanno a nozze spiattellando le ipocrisie di un sistema marcio; 2. marcio tuttavia si è rivelato essere pure il palcoscenico morale e politico dell’Unione europea, dimostrando che persino a Bruxelles tutto il mondo è paese.

    E allora si capiscono tante cose. La prima è che tutto sommato siamo un continente vecchio, sì, ma anche e soprattutto tremendamente povero, se un pezzo della nostra classe dirigente si è ridotto a percepire mazzette di stato illecite sottobanco.

    Poveri economicamente ma sopra ogni altra poveri culturalmente, oltre che ideologicamente. Non sappiamo più chi siamo e per questo ci vendiamo a chiunque come nemmeno la peggiore e la più decadente delle meretrici.

    La seconda è che l’Europa è stata per secoli la culla dell’illuminismo, ispiratrice di valori e di buona condotta. Poi sono arrivate forze e influenze esterne, abbiamo perso i nostri pensatori e svenduto i nostri valori, e siamo diventati corrotti. Endemicamente corrotti.

    La terza è che un’Unione europea così non serve a niente, se non a farci corrompere dal miglior offerente di turno, appunto: che siano gli Usa con i loro interessi geopolitici, quasi mai coincidenti coi nostri, o che sia il Qatar con i mondiali di calcio e le prebende del sultano.

    Siamo ininfluenti, irrilevanti, inutili. Ci stanno svuotando come si fa con un cucchiaino dentro lo yogurt, fin quando poi rimarrà il nulla. Non alziamo la voce per far sentire il nostro peso nel mondo, siamo assoggettati alla Nato militarmente (e non si capisce il perché), diciamo signor sì allo Zio Sam e trattiamo con la Cina, quando serve, o con la Russia se Washington non disdegna. Visione, strategia, identità: zero.

    Di questi tempi facciamo da ponte per le armi in Ucraina senza sapere che entro sei mesi ci scoppierà dentro casa una bomba sociale e migratoria a cui, ovviamente, non siamo pronti a rispondere perché l’unione dei Paesi membri è una bella cosa, sì, ma poi tanto ognuno fa come gli pare.

    Chi tra i membri del Parlamento europeo ha percepito quelle mazzette deve sapere che ha indirettamente contribuito al silenzio sugli otre 6.500 operai morti in Qatar negli ultimi quindici anni per costruire gli stadi che ospitano i mondiali (dato parziale, per altro, poiché solo i lavoratori di India, Bangladesh, Sri Lanka, Pakistan e Nepal hanno raccolto e comunicato i numeri ufficiali attraverso le rispettive ambasciate).

    Invece chi ha preso soldi dal Qatar (tra cui la vice-presidente del Parlamento europeo Eva Kaili) e chi ha fatto tweet apologetici nei confronti dei qatarioti a suo dire “rispettosi dei diritti umani” (come il vice-presidente della Commissione europea Margaritīs Schinas) ha nel farlo avallato un dato, cosa di per sé ancora più allarmante, che le autorità locali vanno ripetendo, secondo le quali i morti tra i lavoratori direttamente riconducibili alla costruzione degli stadi sarebbero appena 37.

    Nemmeno a dirlo, in relazione alle cronache di questi giorni, nessun quotidiano o organo d’informazione qatariota ha riportato i fatti e le notizie emerse dal Qatargate. È a loro che ci siamo venduti. Questo siamo e per questo ci riveliamo al resto del mondo oggi.

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