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    Il Quirinale e Draghi: nonno al servizio delle istituzioni o “nonnismo istituzionale”? (di A. Di Battista)

    Di Alessandro Di Battista
    Pubblicato il 19 Gen. 2022 alle 15:47

    Da quando Mario Draghi si è auto-definito un “nonno a servizio delle istituzioni” in Italia abbiamo avuto oltre 3,5 milioni di contagiati ed i morti sono stati 5.894. Una carneficina. Soltanto ieri sono morte per covid 434 persone. Era dal 14 aprile del 2021, quando il numero di vaccinati era infinitamente più ridotto, che non si registravano così tante vittime. Tutto questo, ripeto, è avvenuto negli ultimi ventotto giorni. Giorni tragici per milioni di persone che fanno salti mortali per coniugare il lavoro con le restrizioni dovute al contagio. Milioni di cittadini che impazziscono in un ginepraio di regole (molte delle quali cervellotiche) frutto di 5 decreti nell’ultimo mese e mezzo. Milioni di persone che, oltretutto, hanno nuove tragedie da affrontare: le saracinesche che sono costretti ad abbassare, il costo della vita schizzato alle stelle, l’aumento di ogni genere di disturbi mentali dovuto a due anni di non-vita.

    L’altro ieri Oxfam ha pubblicato il suo ultimo rapporto. Si chiama “La pandemia della disuguaglianza” e mette nero su bianco quel che tutti pensiamo da mesi: il virus oltre ad aver ucciso milioni di persone ha assassinato la giustizia sociale. Oxfam ha calcolato che nei primi due anni di pandemia gli uomini più ricchi del mondo hanno raddoppiato i loro patrimoni personali mentre 163 milioni di persone, più o meni gli abitanti di Italia, Francia e Spagna messi insieme, sono caduti in povertà. Centinaia di migliaia di piccole e medie imprese chiudevano i battenti mentre Pfizer, Moderna o BioNTech realizzavano utili per oltre 1000 dollari al secondo vendendo vaccini soprattutto ai quei paesi in grado di pagarli profumatamente.

    Ieri il ministero del Lavoro ha pubblicato alcuni dati elaborati da Eurostat ma riferiti al 2019 (dunque, probabilmente peggiorati dalla pandemia). Ebbene secondo l’Ufficio statistico dell’Unione europea in Italia un lavoratore su dieci vive in condizione di povertà mentre uno su quattro non percepisce uno stipendio dignitoso. I poveri, dunque, non sono più soltanto quelli che non lavorano. Questo è lo stato dell’arte ed è più forte di ogni narrazione agiografica, di ogni puerile celebrazione d’establishment, di ogni ipocrita esaltazione. È la realtà che dovrebbe far scendere sulla terra il Messia reso tale dalla pavidità politica e mediatica, non certo dalla verità dei fatti. È la realtà che dovrebbe convincere Draghi che è suo dovere in primis servire l’Istituzione che rappresenta, il governo della Repubblica, piuttosto che covare aspirazioni carrieristiche che gli fanno poco onore a fronte dei problemi che egli stesso intendeva risolvere e che, dopo un anno di governo, sono tutti ancora sul suo tavolo oltretutto peggiorati. Poche ore fa Walter Ricciardi, uno dei consiglieri scientifici del ministero della Salute, ha dichiarato: «In questo momento il covid è la prima causa di morte in Europa. In Italia, dopo le malattie cardiovascolari e i tumori, è la terza causa di morte. In più, è una malattia infettiva e si sottovaluta tutto questo». Non dovrebbero bastare queste parole per sedare le brame quirinalizie del Presidente del Consiglio?

    Nel suo discorso di insediamento Draghi citava Cavour, oggi sembra sempre più un Vittorio Emanuele III in fuga. In fuga dalle sue responsabilità, in fuga dai drammi che milioni di italiani vivono e che gli dovrebbero far perdere il sonno infinitamente di più di un altro Presidente della Repubblica al posto suo. Nelle ultime ore a decine di deputati e senatori spaventati dalla prossima riduzione del numero di parlamentari e dalla perdita di consenso del proprio partito, è arrivata una voce che suona tanto come ricatto: se tizio, caio o sempronio dovessero finire al Colle, Draghi lascerebbe la Presidenza del Consiglio. Non so se sia vero. Se lo fosse si potrebbe parlare di “nonnismo istituzionale”, altro che di nonni a servizio delle Istituzioni. Roba vecchia insomma, già vista, da politicanti, altro che migliori, posto che ormai neppure i più fedeli sostenitori del governo dell’assembramento si azzardano a definire così i ministri della Repubblica. Ministri i quali, se il fu SuperMario dovesse – cosa sempre più probabile – diventare Presidente della Repubblica, avrebbero dovuto avere il buon gusto di giurare a Città della Pieve sulla lista del deep state, piuttosto che al Quirinale, sulla Costituzione repubblicana.

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