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    Se ci si insulta in rete è anche perché non diamo valore a ciò che scriviamo (di S. Mentana)

    Credit: Hugh Han / Unsplash

    Commentare sui social compulsivamente è un nostro diritto. Ma cosa succederebbe se ogni utente potesse reagire a un solo post al giorno o alla settimana?

    Di Stefano Mentana
    Pubblicato il 19 Gen. 2023 alle 12:30

    Di fronte alle vagonate d’odio che periodicamente si versano su qualche malcapitato di turno tra le pagine dei social network, una domanda da porsi è, prima di tutto, se ne valga la pena. Vale davvero la pena usare certi toni, certe parole, muovere certe accuse contro qualcuno solo perché colpevole di avere un’idea diversa o di aver affermato qualcosa che non condividiamo, magari riportato in maniera parziale o travisata dalla velocità dell’informazione online?

    In tanti si sono interrogati su cosa possa portare un utente ad avere reazioni del genere, con qualcuno che ha anche attribuito la cosa all’eccessiva libertà concessa da molti servizi di social network, così come ci si è chiesti quale sia il limite oltre il quale tale libertà vada a ledere quella altrui. Lasciamo però da parte questo discorso.

    Un diritto, in generale, è qualcosa che si può esercitare. Una possibilità, dunque, non un obbligo. La saggezza è anche saperlo esercitare con misura. Commentare compulsivamente tutto ciò che ci capita sotto il naso su un social network è, nei limiti della legge e dei regolamenti delle piattaforme, un nostro sacrosanto diritto, ma questo non significa che il risultato di un atteggiamento del genere abbia effetti positivi.

    Come su tutto, la misura è fondamentale. La velocità dei social network ha contribuito a un abbassamento della soglia della nostra attenzione: sempre più spesso tendiamo a fermarci ai titoli degli articoli, viviamo un blocco di testo come un ostacolo. Per non parlare poi di un ragionevole approfondimento da fare sulle questioni prima di esprimere giudizi a riguardo. Commentare tutto fa perdere valore alle nostre parole.

    Un giudizio positivo o negativo, per non parlare di un insulto, uno sfogo di rabbia, in mezzo a una miriade di altri commenti rischia di essere qualcosa che noi per primi dimentichiamo in poco tempo. Qualcosa cui dunque non diamo particolare valore.

    Ma immaginiamo per un attimo una cosa. O meglio, facciamo una provocazione. Proviamo per un attimo a pensare a cosa succederebbe se sui social ogni utente potesse commentare un solo post al giorno, se non addirittura alla settimana: quel post, prima di tutto, guadagnerebbe molto più valore. E allora tutti noi prima di postare penseremmo: è qualcosa che mi interessa davvero? È qualcosa a cui tengo? È qualcosa che vale la pena fare?

    Ragionando di più, metteremmo da parte il nostro quarto d’ora d’odio, lasceremmo da parte tutti gli impulsi più emotivi che rischiano di farci scrivere cose che, in realtà, non pensiamo, avremmo più tempo per fare eventuali modifiche, approfondire il pensiero, ascoltare anche le posizioni degli altri. Saremmo dunque i primi a dare un maggiore valore a quello che scriviamo e dunque a investirci più energie, portando un risultato migliore. E, probabilmente, molto meno odio.

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