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    Il problema non è Salvini che fa propaganda su Bibbiano, ma i milioni di italiani che lo applaudono

    Salvini durante la sua visita a Bibbiano. Credit: Ansa
    Di Lorenzo Tosa
    Pubblicato il 24 Lug. 2019 alle 16:35 Aggiornato il 27 Set. 2019 alle 15:14

    D’accordo. Salvini che si precipita a Bibbiano, con tanto di infografica strappalacrime (“Giù le mani dai bambini”), mette i brividi.

    I 5 Stelle che tuonano con una diretta Facebook: “Noi con il partito di Bibbiano non vogliamo avere niente a che fare” sono vampiri che si nutrono dell’orrore.

    Giorgia Meloni che difende i bambini italiani, ma lascerebbe annegare i piccoli migranti in fasce nel Mediterraneo, è il trionfo dell’ipocrisia sovranista. E questa è, in assoluto, la pagina più brutta della storia politica italiana.

    Ma la verità. La verità è che esiste un enorme pezzo di paese – che non nasce oggi e nemmeno a Bibbiano – che ha confuso la politica con una specie di centralino permanente della rabbia.

    Una chiamata, un moto (più o meno indotto) di indignazione, e l’attimo dopo il carrozzone sovran-populista si precipita sui luoghi della bava e della paura, ovunque ci sia una rapina finita in tragedia, un caso di cronaca che tocca i minori, un senegalese fermato a spacciare.

    E poco importa che la “roba” gliela abbia messa in mano un italiano: l’importante è che ci sia uno sdegno di massa abbastanza forte da poter essere cavalcato.

    Quando il Partito Democratico accusa giustamente il Truce di fare una “passerela di cattivo gusto” e lui risponde “Ditelo alle mamme e ai papà”, in quel momento sta squarciando definitivamente il velo su una verità assoluta, ossidata, incancrenita nelle viscere di questo paese: che gli italiani hanno smesso di chiedere alla politica di fare politica, limitandosi a invocare una sorta di vicinanza, di complicità, persino di affinità, si direbbe quasi di consolazione.

    Non mi interessa che tu risolva i miei problemi, ma che tu stia lì, a tenermi per mano, che tu sia uno dei nostri. O, quantomeno, che ti sforzi abbastanza per riuscire a sembrarlo.

    Ogni volta che chiedete al Pd e alla sinistra in generale di fare di più, di essere più vicini ai deboli, agli italiani, alle periferie, involontariamente gli state chiedendo di diventare subalterni al linguaggio dell’orrore di Bibbiano, di sostituirsi ai magistrati, di assecondare le paure, di strumentalizzare bambini per un pugno di voti, di augurare ai colpevoli di “marcire in galera”.

    In una parola: di diventare Salvini. Perché è questo – non altro – che la gente oggi chiede. Anzi, lo pretende. La Politica, quella vera, quella con la P maiuscola, quella che si fa nelle aule parlamentari o di commissione, nei dibattiti, nei circoli, quella che cambia davvero la vita delle persone, è destinata a perdere sempre con la politica della consolazione.

    E, credetemi, questa volta non basterà puntare il dito contro Salvini. Piaccia o meno, Salvini non è davvero razzista, non è xenofobo, non odia Carola, non gliene frega nulla delle Ong, della legittima difesa, della Flat tax, men che meno dei bimbi di Bibbiano, non gli interessa se vengono “prima gli italiani” o prima gli svizzeri, i rom o i russi.

    Salvini è semplicemente un prodotto di marketing costruito dagli italiani a propria immagine e somiglianza. E, finché ci sarà gente che odia qualcuno per la sua fede o il colore della pelle, finché non impareremo a pretendere dai politici ad assumersi una responsabilità – una sola – nella loro vita, beh, fino ad allora esisterà Salvini.

    La barbarie è la malattia, Salvini è il sintomo, la causa sono gli italiani. Il rimedio? Ognuno di noi. Nel proprio piccolo. Nelle proprie piccole e grandi scelte quotidiane. In quello che chiediamo a chi ci governa, nel modo e nel punto in cui indirizziamo le nostre paure.

    Possiamo scegliere di diventare noi quella rabbia. Oppure quelli che l’hanno rifiutata, spiegata, e infine sconfitta. A noi la scelta.

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