È difficile comprendere cosa possa provare un ventenne di oggi di fronte a un oggetto come un vecchio Vhs. Difficile immaginare che funzione possa attribuire a un vecchio floppy, o se abbia percezione che per andare su internet si dovesse passare dal rumore stridente della connessione 56k. Può risultare curioso che proprio tra le generazioni che queste cose non le hanno viste, o al limite le hanno appena sfiorate, che sono nate tendenze estetiche – come la vaporwave e le varie forme di retrowave – volte a rivalutare situazioni, canzoni e oggetti della società da poco lasciata alle spalle. Curioso, ma non sorprendente e in gran parte nemmeno nuovo.
Quando nel mondo le prospettive sul futuro sembrano essere torbide, i leader globali non si fanno problemi a parlare del rischio concreto di una guerra, quando la politica non sembra avere orizzonti, l’arte non sembra voler osare, il cinema sembra impantanato tra remake e reboot, l’economia ancorata a indicatori vari che cercano di rassicurare ma sono oscuri ai più, il passato diventa un porto sicuro in cui rifugiarsi. Un passato che non si è vissuto, che si è ricostruito, idealizzato, magari anche semplificato, ma di cui si può cercare di prendere il meglio, o almeno ciò che incuriosisce. Un meccanismo umano più che naturale.
Trovare riparo nella nostalgia di epoche mai vissute è una risposta diversa da una scelta politica reazionaria, semplicemente perché non riguarda le proprie convinzioni ideologiche, ma riscoprire oggetti tecnologici inserendoli in un’immagine estetica retrò, magari corredando una canzone nello stile della vaporwave, rallentata all’inverosimile e affiancata spesso da immagini del consumismo del passato recente, è forse in parte la risposta più o meno consapevole di una generazione che ha incertezze sul futuro ed è incuriosita dal passato.
Questa nostalgia di tempi non vissuti – per cui è stato coniato il termine anemoia – è prima di tutto rassicurante, perché non necessita complessità. È superata, e non influenza l’incertezza del futuro. È minore, riguarda oggetti, situazioni specifiche, e non i grandi processi della storia, e come tale non influenza i cambiamenti in atto che potrebbero influenzare il futuro.
La scelta di una retromania di natura estetica è dunque un rifugio, facile e idealizzato, da un presente imperfetto, complesso e pieno di incertezze. Un eremo in 56k entro il quale si possono scorgere immagini a bassa risoluzione che ci riparano dai venti di guerra, dalla pandemia, dai timori su un mondo che non sappiamo in che direzione stia andando. E per quanto questa nostalgia sembri scevra di connotazioni politiche – fatto non estraneo a tendenze puramente estetiche, si pensi all’Ostalgie della Ddr -, non è detto che più o meno consciamente rimpianga quei primi anni di internet, quando era un luogo senza intermediazioni di algoritmi o sponsorizzazioni, quando i siti valevano più delle piattaforme e la rete sembrava forse essere più democratica. Ma che sia curiosità, che sia estetica, forse ci racconta dei timori di un futuro che lascia tante perplessità.