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Lombardia “maglia nera” di contagi da Covid-19: le conseguenze sui rapporti di lavoro

Di Redazione TPI
Pubblicato il 27 Gen. 2021 alle 13:36 Aggiornato il 27 Gen. 2021 alle 14:06

L’avv. Irene Pudda di Rödl & Partner spiega: “Il datore di lavoro non è autorizzato a comunicare ai colleghi il nominativo di un dipendente risultato positivo”

Secondo il recente rapporto INAIL, i contagi da Coronavirus sul luogo di lavoro a livello nazionale hanno ormai superato la soglia dei 131.000 casi. In questo scenario la situazione più negativa è quella della Lombardia, dove si è verificato il 28,4% dei casi sul totale nazionale, pari a 37.208 lavoratori contagiati.

Dietro alla Lombardia ci sono il Piemonte (al 14,4%) e il Veneto (al 9,7%).

Dei contagiati in Lombardia, ben 26.977 sono donne (72%), mentre 10.231 sono uomini. La provincia di Milano si attesta al primo posto con 14.493 casi (39% sul totale regionale), di cui 11.118 donne e 4.375 uomini.

Una lettura del report, e del suo trend crescente, la forniscono gli esperti legali che osservano come nel rapporto azienda e lavoratore in materia di Covid vi sia un aspetto di criticità nel rapporto con le ATS, Agenzia di Tutela della Salute: “L’impasse – spiega l’avv. Irene Pudda di Rödl & Partner, esperta in privacy & labour compliance – è dovuta al fatto che il datore di lavoro non è autorizzato a comunicare ai colleghi il nominativo di un dipendente risultato positivo. L’azienda è tenuta a fornire all’ATS le informazioni necessarie perché quest’ultima possa assolvere ai compiti previsti dalla normativa emergenziale e, contemporaneamente, ha facoltà di domandare ai possibili contatti stretti di lasciare cautelativamente i locali aziendali, ma è l’ATS che ha la potestà di contattare i lavoratori per poi applicare le opportune misure di quarantena.”

Il rischio, così facendo, è che le aziende lascino operativi interi reparti o uffici con il pericolo di diffusione del virus, non solo tra i dipendenti che sono stati a contatto diretto con il soggetto contagiato, ma anche tra i loro famigliari e i conoscenti.

“Tuttavia non si può fare diversamente – chiarisce l’avv. Pudda di Rödl & Partner – La procedura è volta a tutelare la privacy del lavoratore risultato positivo al Coronavirus. Certo, come è facile immaginare, procedere alla disinfezione della postazione di lavoro, delle attrezzature utilizzate e degli spazi comuni frequentati dal dipendente, domandare ai possibili contatti stretti di lasciare cautelativamente i locali aziendali, nonché isolare o chiudere gli uffici in cui il dipendente ha lavorato garantendone allo stesso tempo la totale riservatezza è di difficile applicazione.”

Nel dettaglio della rilevazione dell’INAIL in Lombardia le denunce di infortunio causa Covid-19 sono per il 39% dei casi localizzate nelle province di Milano (14.493 infortuni), seguita da Varese con 3.708 casi (9,96%), Brescia 3.670 (9,86%), Bergamo 2.817 casi (7,6%), Monza-Brianza 2.703 (7,3%), Como 2.072 (5,6%), Pavia con 2.069 (5,6%), Cremona 1.709 (4,6%), Mantova 1.324 (3,6%), Sondrio 915 (2,5%), Lecco 899 (2,4%), Lodi 829 (2,2%).

 

 

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