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Migranti, nuovo caso Sea Watch. La nave a poche miglia da Lampedusa: “Chiediamo un porto sicuro”

Di Redazione TPI
Pubblicato il 22 Gen. 2019 alle 18:43 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 01:27

Nuovo caso Sea Watch pronto a scoppiare. La nave “numero 3”, dopo aver salvato lo scorso 19 gennaio 47 persone nel Mediterraneo, è al quarto giorno senza un porto sicuro in cui attraccare.

A negare al momento l’approdo in un porto sicuro a Sea Watch 3 sono Malta e l’Italia. Attualmente – come si può veder dal sito marinetraffic – l’imbarcazione si trova al largo di Lampedusa ed è questo il porto più vicino e sicuro che potrebbe garantire lo sbarco dei 47 migranti a bordo.

Nel mirino dell’ong battente bandiere olandese c’è soprattutto “l’Unione Europea” che sta “bloccando l’ultima nave di salvataggio rimasta, mentre centinaia di persone muoiono nel Mediterraneo”.

Come denuncia su Twitter l’ong, è stato richiesto l’attracco in cui sbarcare i migranti salvati dalla morte in mare. “È il quarto giorno dal salvataggio di 47 persone in una situazione di pericolo” si legge nel tweet “eppure nessuno Stato ha risposto alle nostre richieste di un porto sicuro”.

Le comunicazioni da Sea Watch 3

Dalla nave hanno comunicato, come si può leggere nella mail qui sotto, sia alle autorità libiche che ai Paesi Bassi l’evolversi della situazione. Tuttavia, “nonostante fossero a conoscenza del caso, non siamo stati ricontattati e non abbiamo abbiamo ricevuto alcun tipo di istruzione”.

Inutili anche i tentativi di mettersi in contatto diretto con le autorità libiche e olandesi. “Inoltre il comandante della marina militare di Tripoli” ricordano “ha ribadito come la Libia non sia disposta a far attraccare migranti che non siano stati salvati dalla propria guardia costiera”.

Polemica a distanza con l’Italia

Per questo, “in base al regolamento SAR”, il capitano di Sea Watch 3 chiede indicazione di un porto “di sicurezza” in cui sbarcare “il prima possibile”, ricordando come “non è responsabilità di Sea Watch” ma “delle autorità fornire una soluzione”.

L’Italia, a livello politico, continua a disinteressarsi del caso. Tutto è limitato a un commento, su Facebook, del ministro dell’Interno Matteo Salvini che subito dopo il salvataggio messo in atto da parte di Sea Watch 3 e alla conseguente richiesta di aiuto, si è limitato a questa risposta:

“Si scordi (Sea Watch, ndr) di ricominciare la solita manfrina del porto in Italia o del ‘Salvini cattivo’. In Italia no”. E ancora: “Vada a Berlino e faccia il giro lungo passando da Rotterdam, facendoli scendere ad Amburgo”.

In chiusura quella che ha definito “una riflessione”. “Tornano in mare davanti alla Libia le navi delle Ong, gli scafisti ricominciano i loro sporchi traffici, le persone tornano a morire. Ma il ‘cattivo’ sono io. Mah…”.

Ora però la palla è in mano all’Italia. Sea Watch 3 è a pochi chilometri da Lampedusa e chiede di poter attraccare. A bordo, 47 persone in attesa di cure urgenti. Ancora una volta.

L’Ue osserva ma non interviene

Intanto la Commissione Ue ha comunicato che sta seguendo gli eventi “da vicino”, ma che “nessun coordinamento sta avvenendo da parte nostra riguardo” al caso della Sea Watch con 47 migranti a bordo. Questo il commento del portavoce dell’esecutivo comunitario, Margaritis Schinas. 

“L’imbarcazione della ong è attualmente in acque internazionali”, ha aggiunto: “La posizione della Commissione è chiara. Ciò che è urgentemente necessario nel Mediterraneo sono meccanismi prevedibili per assicurare che lo sbarco di queste persone possano avvenire in modo sicuro”. 

La Commissione inoltre ritiene che “tutti gli attori, incluse le ong devono rispettare le regole e seguire le istruzioni delle autorità di coordinamento quando si tratta di operazioni di ricerca e soccorso”.

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