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    L’80 per cento degli africani non lascerà mai il continente ma tutti parlano di invasione in Europa

    credit:SOULEMAINE AG ANARA / AFP

    Secondo l'Unione Africana, solo il 20 per cento dei migranti lascia effettivamente il continente africano, mentre la restante parte sono migranti interni. Eppure le ricerche sono da sempre concentrate sui flussi verso l'Europa

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 15 Feb. 2019 alle 18:20 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 01:24

    Se ne parla da anni ed è tra i fenomeni più discussi di sempre su giornali e talk televisivi. È il tema al centro dei dibattiti politici e sul quale movimenti e partiti politici, in Italia e in tutta Europa, hanno costruito campagne elettorali: migliaia di migranti provenienti dall’Africa rischiano la vita attraversando il Mediterraneo per raggiungere l’Europa.

    Ciò che è meno noto, ma di certo più rilevante, è che il numero degli stessi che rimane nel continente africano è di gran lunga maggiore.

    “Se c’è una crisi in termini di migrazione, quella crisi è in Africa”, afferma Peter Mudungwe, un consulente per le migrazioni dell’Unione Africana (Ua) che fa parte del team che cerca di cambiare la prospettiva globale sulla migrazione africana.

    Secondo l’Ua, solo il 20 per cento dei migranti lascia effettivamente il continente africano, mentre la restante parte sono e rimangono migranti interni.

    Leggi anche: “Non è vero, il colonialismo francese in Africa non è causa dell’immigrazione come dice M5S”, parla l’esperto di storia africana

    Sono più le persone che si spostano dal Corno d’Africa verso l’Africa meridionale di quelle che attraversano il Sahara verso il nord Africa per raggiungere l’Europa.

    Per comprendere la portata del fenomeno, basti pensare che dei 10 paesi che ospitano più della metà dei rifugiati nel mondo, cinque di questi sono in Africa.

    Nonostante ciò, le ricerche e i relativi finanziamenti finora si sono concentrati sulla riduzione dei flussi migratori dalle aree di partenza delle rotte verso l’Europa, e non sui flussi interni al continente africano.

    In questi anni, lo studio della crisi migratoria si è concentrato sui flussi verso l’Europa, anche per la pericolosità del viaggio che queste persone devono affrontare. Ma i numeri stanno iniziando a evidenziare che il focus sul quale concentrarsi non è questo.

    L’Unione Africana ha finalmente ammesso che le sue politiche in tema di flussi migratori non sono aggiornate e che prestano il fianco a distorsioni esterne.

    “L’approccio dell’UA al tema migranti ha fatto in modo che in Europa potesse diffondersi l’idea dell’invasione, tema sul quale si gioca la retorica dell’ala destra”, afferma Mudungwe.

    In un’ottica di revisione delle scelte politiche, l’Unione Africana ha stabilito che dal 2019 si concentrerà maggiormente sui profughi, i rimpatriati e gli sfollati interni, nel tentativo di comprendere un fenomeno complesso: perché le persone migrano e come gestire questi flussi.

    Questo nuovo assetto considera la migrazione come un qualcosa di inevitabile e guarda ai modi per standardizzare la governance dei flussi, la gestione delle frontiere e la protezione dei diritti dei rifugiati.

    Tenendo conto dell’importanza dello studio dei dati, l’Unione Africana sta istituendo un osservatorio in Marocco per raccogliere i dati primari sugli spostamenti. Il Sudan invece ospiterà un centro operativo per monitorare e gestire le nuove politiche.

    L’Ua e i suoi stati membri sono fermi nel voler finanziare questi progetti in modo indipendente per garantire che l’attenzione rimanga sulla realtà africana. Se i partner, come ad esempio l’Ue, aderiscono, devono restare nel mandato di ricerca dell’Ua.

    “Queste sono istituzioni africane, finanziate da africani”, ha detto Mudungwe.

    “L’Ue è sempre più consapevole dei modelli migratori da e per il continente africano, anche se i politici europei tentano ancora di orientare la narrativa verso quella della crisi” precisa

    Ci sono oltre 30 milioni di migranti in Africa: inclusi profughi, sfollati interni e rimpatriati. Il numero è aumentato negli ultimi anni, e DW ( l’istituto di ricerca Deutsche Welle) ha scoperto che quelli che lasciano i loro paesi di origine tendono a raggiungere sempre la stessa destinazione.

    A fine aprile 2018, gli sfollati dal Sud Sudan erano 2,3 milioni. La loro destinazione principale? La vicina Uganda. La crisi dei rifugiati del Sud Sudan è la più grande in Africa e la terza più grande al mondo, dopo la Siria e l’Afghanistan. Molti rifugiati sud-sudanesi sono bambini.

    La Repubblica Democratica del Congo (RDC) è una delle nazioni con più etnie compresenti al mondo. Questo fattore rimane una causa di tensione e contribuisce alle violenze in corso, che spinge le persone a spostarsi.

    Mentre la Repubblica Democratica del Congo ha a che fare con milioni di sfollati interni, molti hanno trovato rifugio nei paesi limitrofi. L’Uganda è il loro principale paese di rifugio e attualmente ospita circa 2,3 milioni di rifugiati dalla Repubblica Democratica del Congo. Le ragioni sono anche geografiche, poiché l’Uganda condivide i confini con molte regioni lacerate dalla crisi.

    Un altro paese esemplificativo in questo senso è la Somalia. La Somalia è affllitta dal conflitto civile in corso che ha spinto migliaia di persone a fuggire nella vicina Etiopia e in Kenya. Il paese manca di un governo centrale unificato. L’affiliata al-Shabab di al-Qaeda, estremista, controlla gran parte della Somalia meridionale, anche se le truppe dell’Unione Africana hanno realizzato importanti vittorie contro il gruppo.

    l numero di rifugiati somali è quasi pari a quello dei rifugiati della Repubblica Democratica del Congo. Ma la destinazione principale per i somali è il Kenya. Il campo di Dadaab, un complesso di tre insediamenti, è uno dei più grandi campi profughi del mondo. È stato costruito per ospitare 90mila persone, ma ora ne ospita oltre 200mila.

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