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    Vi spiego perché sono un sionista a favore dei palestinesi

    Un israeliano, ex esponente delle forze armate, sostiene che il più grande ostacolo alla pace fra Israele e Palestina sia la diffidenza reciproca e la paranoia diffusa

    Di TPI
    Pubblicato il 21 Gen. 2016 alle 15:36 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:24

    Il più grande ostacolo al processo di pace in Israele-Palestina? La diffidenza reciproca e la paranoia diffusa tra le due popolazioni.

    “Sono un grande sostenitore del sionismo: credo nel mio diritto di abitare ovunque su questa terra, ma non alle spese dei palestinesi. So che condividono con me l’amore per questa terra”, sostiene Inon Dah Kehati, ex sergente dell’esercito israeliano.

    Essere sionista, secondo Inon, non significa sostenere l’occupazione dei coloni, e non significa nemmeno sostenere le espropriazioni di case e terre a danno dei palestinesi.

    Inon crede nelle persone, negli esseri umani, più che nelle carte d’identità. Incontra difficoltà a convincere la sua stessa famiglia che Ramallah non è il nido di serpi pronte a azzannare il primo israeliano incauto.

    Il migliore amico di Inon è John Dabis, un palestinese di Ramallah, costretto su una sedia a rotelle. “John si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. L’esercito israeliano credeva che fosse un trafficante e gli ha sparato”, racconta Inon.

    Inon e John hanno formato la più inverosimile delle coppie. Ma non sono ‘attivisti per la pace’. “Siamo raccoglitori di spazzatura. Israeliani e palestinesi dicono entrambi che questa è casa loro. Allora, che lo provino! Che raccolgano l’immondizia anziché gettare mozziconi di sigarette”.

    L’idea di Inon e John è che prendersi cura insieme della casa che condividono possa aiutare i due popoli a comunicare tra di loro, a legare, a creare un senso di unità e comunione.

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