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    La Nato festeggia i suoi 70 anni, ma le tensioni e le divisioni tra gli alleati sono più forti che mai

    Di Laura Melissari
    Pubblicato il 3 Dic. 2019 alle 13:08 Aggiornato il 4 Dic. 2019 alle 08:05

    È iniziato il 3 dicembre 2019, a Londram il vertice Nato che celebra i 70 anni dell’Alleanza atlantica. Un summit particolarmente delicato, che ha visto pesanti esternazioni, e un acceso botta e risposta tra Trump e Macron. I leader alleati si ritrovano attorno allo stesso tavolo in un clima di tensione e divisione particolarmente acceso.

    Tra i temi sul tavolo vi sono l’impegno collettivo nelle missioni militari in giro per il mondo, la cyber difesa, la cooperazione spaziale, il terrorismo, l’incremento delle risorse con l’obiettivo di arrivare a 400 miliardi di dollari nel 2024 e gli stanziamenti minimi per la difesa e gli armamenti in ogni Paese membro pari al 2 per cento del Pil nazionale. Il premier britannico Boris Johnson che ospita il vertice, alle prese con le imminenti elezioni del 12 dicembre e con la scadenza della Brexit prevista per il 31 gennaio 2020, vuole sottolineare come l’uscita dalla Ue non cambi in alcun modo l’impegno del suo Paese nella Nato.

    Il summit è stato preceduto da un incontro a 4 fra i leader di Regno Unito, Germania, Francia e Turchia ospitato da Boris Johnson a Downing Street per discutere del conflitto in Siria alla luce della controversa operazione anti milizie curde intrapresa da Ankara a ottobre 2019. La due giorni di vertice si conclude domani a Watford, nell’Hertfordshire, nelle sale del Grove Hotel.

    Ecco la lista dei leader attesi: Jens Stoltenberg (Nato), Edi Rama (Albania), Sophie Wilmes (Belgio), Ruman Radev (Bulgaria), Justin Trudeau (Canada), Andrej Plenkovic (Croazia), Miloš Zeman (Repubblica Ceca), Mette Frederiksen (Danimarca), Jueri Ratas (Estonia), Emmanuel Macron (Francia), Angela Merkel (Germania), Kyriakos Mitsotakis (Grecia), Viktor Orban (Ungheria), Katrin Jakobsdottir (Islanda), Giuseppe Conte (Italia), Egils Levits (Lettonia), Gitanas Nauseda (Lituania), Xavier Bettel (Lussemburgo), Duško Marković (Montenegro), Mark Rutte (Olanda), Zoran Zaev (Macedonia del Nord), Ema Solberg (Norvegia), Andrzej Duda (Polonia), António Costa (Portogallo), Klaus Wener Iohannis (Romania), Zuzana Caputova (Slovacchia), Marjan Šarec (Sloveni), Pedro Sanchez (Spagna), Recep Tayyip Erdoğan (Turchia), Donald Trump (Usa).

    Trump e i dazi

    La situazione si è fatta più incandescente dopo la minaccia di Trump di mettere dazi sul 100 per cento delle importazioni dalla Francia, pari a 2,4 miliardi di dollari, come rappresaglia per la digital tax sui big Usa del web, da Google a Facebook, passando per Amazon. La Casa Bianca ha minacciato anche altri Paesi come l’Italia, l’Austria e la Turchia. La digital tax voluta da Parigi prevede un’aliquota del 3 per cento sulle entrate che le società tecnologiche americane incassano in Francia.

    Secondo gli Stati Uniti, negli ultimi 5 mesi è stata messa in atto una vera e propria discriminazione verso le società americane del settore digitale da parte di Parigi. I prodotti francesi su cui Washington potrebbe “vendicarsi” sono formaggi, champagne, yogurt e trucchi. Un vertice Nato di festeggiamenti per i 70 anni del Trattato, che però potrebbe rivelarsi un’occasione per entrare in rotta di collisione tra Washington e alcune cancellerie europee.

    Il clima era già teso prima delle dichiarazioni di Trump, a causa della questione dei finanziamenti alla Nato e delle pressioni Usa agli alleati europei per abbandonare Huawei per lo sviluppo del 5G.

    Trump avrà modo di incontrare sia il presidente francese Emmanuel Macron che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, a cui ribadirà che c’è tempo fino al 14 gennaio per trovare una negoziazione su digital tax e dazi. Washington ha già colpito con dazi al 25 per cento alcuni prodotti eccellenza del made in Italy e del made in France, come il parmigiano o altri formaggi francesi.

    La Francia intanto fa sapere di aver preso contatto con la nuova Commissione Ue per “assicurarsi che se ci dovessero essere nuove sanzioni americane, ci sarà certamente una risposta europea, una risposta forte”. Il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire ha tuttavia esortato ad “evitare di entrare in questa logica di sanzioni e risposte fra gli Stati Uniti e l’Europa. Non è nell’interesse di nessuno. Non del commercio né della crescita, né della stabilità politica”.

    Le dichiarazioni di Macron

    Particolarmente turbolente anche le dichiarazioni del presidente francese Emmanuel Macron, che alcuni giorni fa ha parlato di “morte cerebrale della Nato”. La polemica ha riguardato in particolare la scarsa reattività della Nato in seguito all’offensiva turca nel nord della Siria, senza alcuna concertazione con gli altri alleati. Le parole di Macron si sono attirate la critica di Erdogan in primis, ma anche di Angela Merkel e altri leader dell’Alleanza. Donald Trump ha detto che le parole del presidente francese sono state “molto offensive e molto, molto malevoli” nei confronti dei 28 Paesi alleati.

    La Turchia e la posizione della Nato sull’offensiva contro i curdi

    Osservato speciale di questo vertice Nato sarà il sultano turco Recep Tayyip Erdogan, nel mirino degli europei per l’offensiva contro i curdi nel nord della Siria. La Turchia ha espresso forte disappunto per il mancato appoggio o l’esplicita opposizione verso la sua offensiva militare lanciata a ottobre contro le forze Ypg nel nord-est della Siria. La scorsa settimana Erdogan aveva inoltre duramente attaccato il suo omologo francese Emmanuel Macron, dicendo che sarebbe lui a essere in stato di “morte cerebrale” e non la Nato, come sostenuto dal leader di Parigi.

    “Ci riuniremo e parleremo della questione con piacere. Ma se le organizzazioni terroriste contro cui combattiamo non vengono riconosciute dagli amici della Nato come gruppi terroristici, mi dispiace ma saremo contro tutti i passi che verranno intrapresi”, ha detto Erdogan. Nei giorni scorsi erano emerse diverse voci sul veto di Ankara a un nuovo piano di difesa sul fronte orientale se non verrà accettata una sua dichiarazione che indica le milizie curde come una “minaccia” per la sicurezza turca e dell’Alleanza.

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