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    “In Vaticano sono tutti gay. Ma è un segreto”: intervista all’autore del libro-inchiesta su una delle comunità omosessuali più grandi del mondo

    Credit: Alessandra Benedetti/Corbis via Getty Images

    "Nel Collegio cardinalizio e in Vaticano la via preferenziale sembrerebbe giungere a compimento: l’omosessualità diventa la regola, l’eterosessualità è l’eccezione. La repressione ha generato una cultura di omertà che copre tanto la sessualità quanto gli abusi sessuali"

    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 24 Feb. 2019 alle 14:10 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 18:55

    Mentre in Vaticano i presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo sono arrivati in 190 per partecipare al summit storico sugli abusi sessuali voluto da Papa Francesco, un giornalista francese diffonde sulla sua pagina Instagram selfie con preti, cardinali, vescovi e guardie svizzere. Si chiama Frédéric Martel e da giovedì 21 febbraio 2019 nelle librerie di 20 paesi è disponibile in otto lingue il suo libro Sodoma, 500 pagine d’inchiesta nel cuore del Vaticano, che rivelano che la maggior parte dei suoi membri sono gay.

    Quelle che condivide su Instagram sono le foto scattate in quattro anni di ricerca, trascorsi a intervistare 1.500 persone in Vaticano: 41 cardinali, 52 vescovi e monsignori, 45 nunzi apostolici e ambasciatori stranieri e oltre 200 sacerdoti e seminaristi, interrogati su una sola questione: l’omosessualità. La loro o quella dei loro prossimi. Che secondo molti sarebbe una realtà diffusa, tollerata, praticata, ma nascosta.

    Viaggiando in trenta paesi diversi e trascorrendo una settimana al mese a Roma, Martel scopre il funzionamento di un sistema che si basa su una serie di consuetudini accettate e che, come in ogni altro sistema sociale, sono diventate una norma, che si declina in quelle che l’autore definisce “le 14 regole di Sodoma”.

    “L’omosessualità si estende man mano che ci si avvicina al sancta sanctorum: il numero degli omosessuali aumenta salendo la gerarchia ecclesiastica. Nel Collegio cardinalizio e in Vaticano la via preferenziale sembrerebbe giungere a compimento; l’omosessualità diventa la regola, l’eterosessualità è l’eccezione”, scrive Martel, omosessuale laico di cultura cattolica, nato e cresciuto ad Avignone, celebre per aver viaggiato tra le più diverse comunità gay del mondo, da quella repressa dell’Iran alla aperta e progressista New York, per scrivere il suo saggio “Global Gay”.

    Ma con la ricerca condotta per Sodoma, Martel arriva ad affermare che quella del Vaticano è tra le comunità gay più grandi del mondo, con la differenza che lì l’omosessualità è un segreto, un vero e proprio segreto di Stato. Che tutti conoscono, ma nessuno rivela.

    È la regola non scritta di Sodoma, quella che lui chiama “codice scheletro nell’armadio”, che “consiste nel tollerare l’omosessualità di sacerdoti e vescovi, se necessario beneficiandone, continuando tuttavia a mantenere il segreto”. “La tolleranza va di pari passo con la discrezione”, sottolinea l’autore. Favorendo quella cultura di omertà e silenzio che ha coperto per anni altri segreti che giacciono impuniti tra le mura di San Pietro. Primo tra tutti, quello degli abusi sessuali, perpetrati sistematicamente in più di un secolo dall’Italia di Vinicio Albanesi, il sacerdote presidente della Comunità di Capodarco che ha rivelato di essere stato abusato in seminario quando aveva 11 anni, agli Stati Uniti del celebre caso Spotlight.

    Ed è per questo che Martel ha deciso di far uscire il libro in concomitanza con l’inizio del summit mondiale sulla pedofilia in Vaticano, fortemente voluto da Bergoglio per ascoltare le vittime e sviluppare nuove norme e procedure per la prevenzione e la denuncia delle violenze sessuali sui minori.

    “Gli abusi sessuali non sono un incidente: stiamo parlando di 20.000 casi nel mondo circa, di cui 1818 in Australia, 800 in Olanda. Non hanno nessun legame con l’omosessualità, perché nel mondo la maggior parte di questi sono di natura eterosessuale” dice Martel, “ma nella Chiesa la situazione è diversa: 80 per cento delle vittime sono uomini”.

    Secondo un rapporto pubblicato nel 2004 dal John Jay College of Criminal Justice dalla Conferenza Episcopale statunitense, che ha indagato sugli abusi sessuali sui minori nella chiesa cattolica tra il 1950 e il 2001, in questo periodo un totale di 10.667 persone hanno accusato preti di abusi sessuali minorili negli Stati Uniti. Di questi, complessivamente circa il 73 per cento delle vittime aveva 14 anni o era un bambino, e l’81 per cento era di sesso maschile.

    Motivo per cui le correnti più conservatrici e tradizionaliste del Vaticano insistono sul fatto che gli abusi sessuali siano la diretta conseguenza dell’omosessualità e affermano che bisogna curare quest’ultima per sradicare la piaga delle violenze sui minori. Ma per Martel la correlazione è di natura diversa.

    “Il legame con gli abusi sessuali esiste, ma non perché essi siano una conseguenza dell’omosessualità. Piuttosto, la repressione dell’omosessualità e il silenzio su di essa hanno generato una cultura di omertà che copre tanto la sessualità quanto gli abusi sessuali. Che però restano due cose separate. Ma non possiamo parlare di molestie senza parlare di copertura”, afferma.

    Per Martel ogni cardinale ha paura che se c’è un problema, uno scandalo, la sua omosessualità possa essere rivelata. Ed ecco perché proteggerà chiunque, anche i colpevoli di violenze e abusi. “In questo senso c’è un legame. Dunque non è solo un caso che gli abusi non si conoscano e vengano coperti, c’è una regola sociologica”.

    La regola alla base di un sistema d’insabbiamento che ha permesso a molti dei preti denunciati per violenze sui minori di continuare a professare fede impunemente, nonostante le loro perversioni fossero note ai loro superiori. Lo rivela la celebre inchiesta del 2002 del Boston Globe, che accusa l’Arcivescovo Francis Low di aver coperto i casi di pedofilia delle parrocchie di Boston per decenni, e le altre inchieste condotte anche in Italia negli ultimi anni: quella sulle molestie nei confronti degli alunni del pre-seminario san Pio X del Vaticano, i cui responsabili sono stati difesi e coperti da chi gestiva la struttura fino a quando Papa Bergoglio non li ha allontanati poche settimane dopo la sua elezione, o quella del 2012 sulla diocesi di Como, il cui vescovo aveva mancato di allontanare un prete denunciato da diversi genitori di aver molestato i propri figli.  Il vescovo si è pentito e ha chiesto scusa nel 2014.

    E proprio durante il secondo giorno di summit, alcuni testimoni hanno raccontato davanti alla conferenza episcopale di essere stati attaccati da quei vescovi da cui invece cercavano protezione per le molestie subite dai preti delle loro diocesi. Che minimizzavano e coprivano ciò che li ha traumatizzati a vita.

    A chi lo accusa che l’uscita del libro durante questa settimana cruciale sia una trovata di marketing, Martel ribatte che la sua ricerca risponde alla volontà dello stesso Papa Francesco, il quale in occasione della convocazione del vertice aveva affermato la “necessità di svelare le radici e le strutture che hanno permesso a questi eventi di verificarsi”, e capire cosa c’è di profondamente sbagliato in quest’organizzazione.

    “La mia esigenza di verità si collega a quella di Papa Francesco”, che sta subendo un’opposizione interna da parte della destra più tradizionalista, che lo accusa di essere progressista o filo-gay. “Ma la maggior parte degli omofobi che lo attaccano ha una vita omosessuale o omofila”, conclude Martel.

    Secondo l’autore, le falle di questa struttura lacerata dallo scandalo della pedofilia rimasta impunita per anni, non si possono comprendere se non si scava nella natura omertosa di un’istituzione in cui anche i più ferventi omofobi sono gay, e attaccano l’omosessualità per coprire se stessi.

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