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    Una Thatcher in Corea del Sud?

    Park Geun-hye, figlia del dittatore Park Chung-hee, potrebbe diventare il primo presidente donna coreano

    Di Stefano Rizzato
    Pubblicato il 19 Dic. 2012 alle 03:28 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 22:04

    Una Thatcher in Corea del Sud

    La figlia del dittatore è pronta. A dimostrare che la Corea del Sud non è solo Gangnam Style e maschilismo. E a diventare la prima donna presidente del Paese asiatico. È lei, Park Geun-hye, leader del Saenuri Party, la grande favorita delle elezioni presidenziali in programma mercoledì 19 dicembre. Una donna che ha rivoluzionato il partito conservatore e l’ha reso l’avamposto di una battaglia per la parità di genere.

    Dalla sua parte, nella sfida che la vede opposta al candidato del Partito Democratico Moon Jae-in, Park ha quasi tutti i sondaggi. Contro di lei c’è però un’eredità impossibile da cancellare. La candidata conservatrice è figlia del generale Park Chung-hee, dittatore che ha governato, anche calpestando i diritti umani, tra il 1961 e il 1979. A fianco del padre, Park Geun-hye è stata first lady per cinque anni: dal 1974, quando – 22enne – vide la madre uccisa da un attentatore filo-nordcoreano, fino al 1979, quando anche il padre fu assassinato.

    Se, a 33 anni di distanza, tornerà alla Casa Blu da presidente, si troverà a guidare un Paese molto avanzato dal punto di vista economico, ma ancorato a una società patriarcale e dominata dai maschi. La tigre asiatica è la 15esima economia al mondo, ma occupa la posizione 108 della classifica sul ‘gender gap’ – la disparità di genere – stilata ogni anno dal World Economic Forum. A pesare è soprattutto la scarsa presenza di donne nell’imprenditoria. Un dato su tutti: nella patria di Samsung, Hyundai e Fila (l’azienda di Biella è stata comprata dai sudcoreani nel 2007), nelle aziende con almeno mille dipendenti solo il 6,2 per cento dei dirigenti è donna.

    Non va molto meglio nella politica e Park Geun-hye è una delle 47 parlamentari di sesso femminile che popolano i 300 seggi dell’Assemblea Nazionale. Ora, dopo aver stravinto le primarie di agosto con l’84 per cento dei consensi, ha promesso incentivi ‘rosa’ alle aziende, per aumentare il numero di donne in ruoli di responsabilità. Ed è pronta a triplicare i sussidi per i genitori soli, portandoli a 106 euro al mese. “Se diventerò presidente”, ha affermato nell’ultimo dibattito, “sarà una svolta in grado di segnare una generazione. Da prima presidente donna nella storia della Corea, metterò al primo posto la felicità del mio popolo”.

    In linea con il nome che il suo partito ha assunto a febbraio – Saenuri significa ‘nuova frontiera‘ – Park è convinta di poter guidare una vera rivoluzione culturale. E per questo si è guadagnata l’appoggio di Kim Sung-Joo, la regina del lusso sudcoreano, proprietaria di un’azienda che distribuisce tutti i principali marchi della moda europea. Dopo aver rifiutato un matrimonio combinato, Kim è diventata l’imprenditrice più in vista del Paese. E dice della candidata conservatrice: “Se sarà presidente, noi donne non avremo più ostacoli”.

    E pensare che all’inizio Park Geun-hye sembrava restia a spostare il dibattito sulle questioni di genere, diventate invece preponderanti quando la campagna elettorale è entrata nel vivo. Subito, dal Partito Democratico, sono arrivati duri attacchi, anche personali. “Park non ha nulla di femminile”, ha detto circa un mese fa Jung Sung-ho, portavoce di Moon. “Non sa nulla della vita di una donna comune: non ha mai partorito né cresciuto un figlio, non sa i prezzi del supermercato”.

    Con maggiore eleganza, altri hanno accusato la leader conservatrice di non aver davvero provato a contribuire alla causa femminile e di strumentalizzarla puramente per scopi elettorali: “Park è al suo quinto mandato, è in parlamento da 14 anni, ma nessuna delle sue 15 proposte di legge riguardava i diritti o il benessere delle donne”, ha notato Seo Young-kyo, deputata del Partito Democratico. Sempre sul piano politico, è stato lo stesso Moon ad affondare: “Park rappresenta la classe privilegiata e non ha titolo per farsi paladina delle persone socialmente più deboli, donne incluse”.

    Al termine di una campagna elettorale che, parità di genere a parte, è stata giocata soprattutto su temi economici, potrebbe però essere decisiva la politica estera. L’audace esercitazione militare nordcoreana, con il lancio di un razzo a lunga gittata proprio a una settimana dal voto, ha riportato alle stelle la tensione lungo il 38esimo parallelo. E così persino l’ingombrante passato di Park Geun-hye, intransigente nei confronti del Nord per motivi insieme politici e personali, rischia di diventare un punto a favore della candidata conservatrice.

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