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    Un sindaco di sinistra?

    Bill De Blasio, forte delle sue opinioni di sinistra, si candida alle primarie democratiche per diventare sindaco di New York

    Di Domenico Barone
    Pubblicato il 7 Ago. 2013 alle 18:23 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 11:43

    Il candidato di George Soros è un uomo con chiaro nome italiano e sicure opinioni di sinistra. Per New York Bill De Blasio, questo il nome, vuole aumentare le tasse sui ricchi e investire nell’istruzione, alzare il minimo salariale, combattere gli abusi negli arresti. Così cerca di afferrare primarie democratiche e carica di sindaco, nelle elezioni generali di novembre. Intanto è “public advocate” della città, il difensore civico, e campione di immigrati, afroamericani e classe media declinante. Oltre che del citato Soros, non esattamente ascrivibile alle minoranze svantaggiate con il suo patrimonio da 15 miliardi di euro.

    Il suo maestro di vita è stato un vecchio italiano sbarcato ad Ellis Island negli anni Venti. Gestiva un negozio d’abbigliamento. L’accento era quasi incomprensibile, in fondo “ha impiegato solo 70 anni per sentirsi a suo agio con l’inglese”. Veniva da un paesino del beneventano, Sant’Agata de’ Goti, ed era suo nonno.

    De Blasio tre anni fa è tornato nel Sannio. Da lì sono partiti i nonni materni, di cui porta il cognome. Allevato dalla madre e dai genitori di lei, dopo che il padre alcolizzato aveva lasciato casa quando ancora aveva sette anni, ha deciso di assumerne il nome di famiglia.

    A Sant’Agata de’ Goti ha portato la famiglia, moglie e due figli, che è la vetrina del suo “vero progressismo”, come recita lo slogan da campagna elettorale. La moglie, Chirlaine, è una donna di colore di origine caraibica, autrice nel 1979 del saggio “Sono lesbica”, una confessione di giovanili preferenze sessuali. Si sono conosciuti nel ‘91 quando entrambi lavoravano per il primo e unico sindaco afro-americano nella storia di New York, David Dinkins. Chirlaine, giornalista e scrittrice, solide convinzioni di sinistra, è la principale consigliera del marito.

    La targhetta non celebrativa di populismo è piombata sul “real progressive” De Blasio rapida come un treno. Il 21 per cento dell’elettorato democratico, quota che gli assegnano i sondaggi per le primarie, poco se ne cura e approva la sua interpretazione della lunga stagione Bloomberg. Che è d’altronde una risposta alla candidata più vicina al sindaco uscente e favorita per la successione, la democratica Christine Quinn.

    Con una citazione dickensiana, New York diventa il “racconto di due città”, un modo per dire che le ineguaglianze si approfondiscono e “la fiamma d’inclusione tolleranza e diversità” rischia di estinguersi. Da qui la sua piattaforma elettorale, che fa concorrenza al battitore libero Anthony Weiner, quello noto per la satiriasi e le immagini sconce via social network. De Blasio è l’unico che propone di aumentare le tasse sui ricchi, per i redditi sopra i 375 mila euro.

    Vuole prendere dal vertice e far scendere la ricchezza verso il basso, assicurando la scuola dell’infanzia a tutti o più numerose attività extra didattiche. Per promuovere la formazione dei giovani e l’innovazione dei piccoli business intende tagliare i sussidi alle corporation. Poi ci sono i salari minimi, da spingere verso l’alto, e il divieto di “racial profiling”, le azioni di polizia centrate sulla razza più che sugli illeciti. Matrimoni omosessuali e controllo delle armi sono temi indiscussi, da tipico democratico newyorkese.

    Con il suo abbondante metro e novanta, Bill De Blasio può essere troppo alto per New York, come è stato scritto. Troppo di sinistra per vincere le elezioni generali. Intanto, il già collaboratore di Andrew Cuomo e Hillary Clinton macina chilometri per riunire le “due città”.

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