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    Un accordo contro la schiavitù

    Il magnate australiano Andrew Forrest pensa di avere la risposta alla carenza energetica del Pakistan. Ma vuole qualcosa in cambio

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 28 Gen. 2014 alle 09:31 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 16:56

    Andrew Forrest è il quinto uomo più ricco d’Australia. Nel giro di otto anni ha trasformato la sua azienda, Fortescue Metal Group, nel quarto più grande produttore di ferro al mondo. Ora ha avuto un’idea che mira a migliorare la vita di molte persone.

    Stringendo un accordo informale con il governo del Pakistan, Forrest si è impegnato a fornire al Paese la tecnologia necessaria a realizzare la “gassificazione della biomassa”, una nuova tecnica inventata in Australia che consente di convertire la lignite, materiale di poco valore di cui il Pakistan è ricco, in combustibile diesel. L’uso di questa nuova tecnologia non è eccessivamente dispendioso e potrebbe mettere fine alle frequenti interruzioni di corrente che tormentano le industrie tessili e manifatturiere in Pakistan, consentendo inoltre la creazione di migliaia di nuovi posti di lavoro.

    In cambio Shahbaz Sharif, primo ministro della provincia del Punjab – regione del Pakistan orientale – si è impegnato a introdurre nuove leggi che vietino il lavoro minorile e che impongano un salario minimo, promettendo anche di liberare tutti coloro che sono sottoposti ai lavori forzati dentro i confini del Punjab.

    Secondo l’Indice Globale di Schiavitù del 2013, il Pakistan è il terzo Paese al mondo – dopo l’India e la Cina – per numero di persone ridotte ai lavori forzati o in schiavitù perché costrette a ripagare un debito. Gli sforzi del governo per affrontare il problema sono stati finora inefficaci: in totale, secondo le stime della Banca Asiatica di Sviluppo, in Pakistan circa 1.8 milioni di persone lavorano come schiavi soprattutto nel settore di produzione di mattoni ricevendo in cambio poco o nulla. Si tratta in genere di uomini delle caste inferiori, membri di minoranze religiose, donne, disabili, rifugiati afgani o bambini. Rompono le rocce a piedi nudi subendo spesso percosse e abusi, camminano in fila tenendole appese con una corda alle loro spalle e poi salgono su assi in equilibrio precario per gettare le pietre in una fornace.

    “Io non posso costringerli a smettere di usare gli schiavi”, ha ammesso Forrest in un’intervista con il Time, “Questo lavoro dovrà essere fatto dalle forze dell’ordine nazionali. Io personalmente penso che il Pakistan possa far valere le proprie leggi, ma che nelle ultime occasioni non abbia avuto incentivo sufficiente a farlo.” Chissà che l’accordo sottoscritto col miliardario del ferro non costituisca proprio l’impulso necessario.

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