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    In Turchia riprende il processo contro i presunti istigatori del fallito golpe

    Tra gli imputati anche l’imam Fetullah Gülen, in esilio volontario negli Stati Uniti, e l'ex capo delle forze aeree turche Akin Ozturk

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 30 Ott. 2017 alle 13:43 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:25

    Lunedì 30 ottobre è ricominciato ad Ankara, in Turchia, il processo contro 221 persone, inclusi ex generali dell’esercito, sospettati di essere gli istigatori del fallito golpe del luglio 2016 contro il presidente turco Recep Tayyip Erdogan.

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    Gli imputati rischiano di essere condannati all’ergastolo. Le accuse vanno dall’uso della violenza per rovesciare il governo e il parlamento, all’uccisione di circa 250 persone durante la notte del tentato golpe.

    Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha ripetutamente accusato il suo ex alleato, l’imam Fetullah Gülen, che vive negli Stati Uniti, di aver organizzato il colpo di stato del luglio 2016, e da allora ha dato il via a una serie di purghe a tutti i livelli dello stato e della società civile.

    Gülen è uno dei numerosi imputati, tra i 221 del processo, ad essere in libertà. Le altre persone incriminate compariranno nel tribunale di Sincan, vicino alla capitale turca, in un edificio costruito ad hoc per ospitare le udienze dei processi del post-golpe. Tra gli imputati anche l’ex capo delle forze aeree turche Akin Ozturk.

    Diversi sospettati sono accusati di aver guidato il cosiddetto “Consiglio della pace a casa”, il nome che il gruppo si diede la notte del fallito colpo di stato.

    Quello contro i presunti responsabili del colpo di stato del luglio 2016 è il più grande processo giudiziario della storia moderna della Turchia.

    La repressione post golpe in Turchia

    Durante la repressione ordinata da Erdogan, sono stati arrestati almeno 50mila tra giornalisti, membri dell’opposizione e funzionari pubblici.

    In più, secondo i dati forniti dallo stesso ministero della Giustizia di Ankara, oltre 169mila persone hanno subito un procedimento giudiziario. La maggior parte di queste sono state sospese o hanno perso il proprio lavoro.

    Da allora diversi gruppi di attivisti per i diritti umani e gli alleati occidentali della Turchia accusano il governo di Ankara di aver utilizzato il tentato golpe come pretesto per mettere a tacere il dissenso e imprigionare gli oppositori politici del partito di governo, l’Akp.

    Infatti, almeno 160 giornalisti sono ancora detenuti in Turchia, rendendo il governo turco il più accanito persecutore della libertà di stampa in Europa.

    Ankara afferma comunque che la repressione e la sospensione delle normali garanzie democratiche si è resa necessaria a causa della gravità della minaccia che si è trovata ad affrontare.

     

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