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    Trash

    Il regista Stephen Daldry racconta la storia di tre quattordicenni delle favelas che si ritrovano coinvolti in un intrigo politico

    Di Massimiliano Romualdi
    Pubblicato il 3 Dic. 2014 alle 15:32 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 20:42

    Trash è l’ultimo film di Stephen Daldry, il regista britannico di Billy Elliot e Molto forte, incredibilmente vicino.

    Presentato al Festival Internazional del Film di Roma il 25 ottobre 2014, è uscito nelle sale italiane lo scorso weekend del 27 novembre.

    Diretto dal britannico Stephen Daldry e tratto dall’omonimo romanzo scritto nel 2010 da Andy Mulligan, Trash ripercorre la  straordinaria storia nelle favelas di tre quattordicenni brasiliani che si ritrovano per caso coinvolti in uno scandalo politico.

    Il regista Stephen Daldry porta in scena la storia di tre ragazzini brasiliani che sopravvivono arrangiandosi e che grazie allo smistamento dei rifiuti trovano quel poco che gli basta per andare avanti.

    La loro quotidianità procede in questa eterna routine finché un giorno Rafael, il protagonista indiscusso dell’opera, trova nella discarica un portafogli che contiene dei soldi, una chiave, un’immagine di San Francesco e una foto con alcuni numeri sul retro.

    Subito dopo la polizia entra nelle favelas alla ricerca del portafogli e del suo contenuto. Gli orfani, costretti a vivere in mezzo all’immondizia, rifiutano la somma di denaro che è stata loro proposta in cambio perché vogliono far luce sul mistero che si cela dietro l’interesse delle forze dell’ordine.

    Coinvolti in un gioco più grande di loro (dietro il portafoglio perduto si cela un intrigo politico che coinvolge il futuro sindaco di Rio), i ragazzi si trasformano in giustizieri pronti a tutto pur di punire il corrotto e portare un barlume di speranza in un Brasile distrutto dalla fame e dalle ingiustizie sociali.

    Il trio capeggiato dall’idealista Raphael verrà ostacolato dalla polizia in più occasioni. Due sono i temi che ricorrono più spesso nell’opera: quello della corruzione all’interno della classe dirigente brasiliana e quello della sfiducia verso le forze dell’ordine.

    L’aggressività con cui la polizia cerca di risolvere il caso lascia lo spettatore annichilito. Stephen Daldry cavalca appieno quel senso di sfiducia e di disagio legato alla crescita esponenziale dei debiti, legati ai costi della Coppa del Mondo di calcio prima, e della prossima Olimpiade poi.

    Il regista sembra aver raccolto le critiche mosse dai cittadini ai politici sul fatto di aver indirizzato ingenti somme di denaro in infrastrutture poco utili rispetto ai servizi di prima necessità.

    È un film caratterizzato da colori caldi, una regia brillante, un montaggio serrato, una trama che alterna momenti di stasi a momenti adrenalinici, fatto di una serie di flashforward e soprattutto di un’ottima fotografia che cattura appieno gli sforzi parkourisitici del trio. Ma che, nella smania di voler intrattenere, lascia lo spettatore con una serie di domande.

    L’opera è ricca di pregi e possiede un unico grande difetto, quello di calcare un po’ troppo la mano sull’emotività. I personaggi sono contrapposti alla polizia, rappresentata in modo negativo come un’organizzazione senza scrupoli.

    La fede, il senso del dovere, l’amicizia, le radici comuni, l’innocenza e la sete di giustizia che accomuna i tre protagonisti faranno quasi certamente breccia nei cuori dello spettatore, ma va detto che la realtà degradata rappresentata in Trash è osservata e denunciata da una troupe angloamericana.

    Non è un caso che il film presenti un finale degno della miglior produzione hollywoodiana, che allevia l’animo dello spettatore convinto nella possibilità di un riscatto degli abitanti delle bidonville.

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