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    Tortura sui prigionieri politici

    Un rapporto di Human Rights Watch denuncia i maltrattamenti subiti da dissidenti e giornalisti detenuti in Etiopia

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 18 Ott. 2013 alle 09:24 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 12:29

    Nel centro di detenzione Maekelawi, ad Addis Abbeba, le autorità etiopi sottopongono abitualmente i prigionieri politici a torture e maltrattamenti. La denuncia proviene da un rapporto dell’organizzazione Human Rights Watch, che ha raccolto le interviste di 35 detenuti e di alcuni loro parenti.

    Secondo il rapporto, gli agenti della polizia investigativa di Maekelawi hanno usato diversi tipi di violenza per estorcere confessioni o informazioni a coloro che si trovavano sotto la loro custodia. Alcuni ex detenuti hanno dichiarato a Human Rights Watch di essere stati schiaffeggiati, presi a calci e picchiati con vari oggetti, tra cui bastoni e calci di fucile, soprattutto durante gli interrogatori. I detenuti hanno anche dovuto trascorrere ore intere appesi al muro per i polsi, spesso mentre venivano colpiti.

    Talvolta i poliziotti hanno negato loro la possibilità di consultare un avvocato o di vedere le proprie famiglie. Questo “non solo aumenta il rischio di abusi, ma crea enormi pressioni per soddisfare le richieste degli investigatori”, ha commentato Leslie Lefkow, vicedirettrice di Human Rights Watch Africa, invocando “un’azione dai più alti livelli di governo contro tutti i responsabili affiché sia sradicata la cultura di fondo dell’impunità.”

    Il governo ha respinto ogni accusa definendo il rapporto “estremamente parziale e ideologicamente schierato”. Il portavoce governativo Shimeles Kemal ha dichiarato che non è stata fornita alcuna prova, dal momento che il rapporto si basa su delle testimonianze piuttosto che su indagini e ispezioni.

    A Maekelawi sono detenuti soprattutto politici dell’opposizione, giornalisti, attivisti e presunti ribelli. Tra gli ex prigionieri intervistati vi è anche il giornalista svedese Martin Shibbye, che ha trascorso più di 400 giorni in prigione con l’accusa di essere entrato illegalmente nel Paese e di aver sostenuto un gruppo ribelle. Il giornalista ha dichiarato: “La polizia dice che la questione sarà risolta in tribunale, ma niente sarà risolto in tribunale. Ruota tutto intorno alla confessione.”

    Intanto il Comitato per la protezione dei giornalisti ha segnalato che l’Etiopia è vicina a sostituire l’Eritrea come il Paese africano con il maggior numero di reporter dietro le sbarre. Gli arresti arbitrari e le persecuzioni politiche sono possibili a causa della legge antiterrorismo molto restrittiva in vigore nel Paese. Lo scorso mese di giugno i cittadini sono scesi in piazza nella capitale per chiedere la liberazione dei prigionieri politici: si è trattato della prima grande protesta ad Addis Abeba dal 2005, quando quasi 200 manifestanti sono stati uccisi durante gli scontri con la polizia.

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