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    Tony Blair vuole convincere i suoi connazionali a restare nell’Unione europea

    L’ex primo ministro laburista lancia la campagna Open Britain: chi ha votato leave ha il diritto di cambiare idea, ora che conosce il costo di questo divorzio

    Di TPI
    Pubblicato il 17 Feb. 2017 alle 12:48 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 22:41

    Tony Blair, ex primo ministro del Regno Unito dal 1997 al 2007, in un discorso tenuto venerdì 17 febbraio 2017 a Londra presso la sede europea dell’agenzia di stampa Bloomberg LP, ha chiesto agli oppositori della Brexit di “risollevarsi” e lottare al suo fianco affinché coloro che nel referendum del 23 giugno 2016 si erano espressi a favore dell’uscita dall’Unione europea cambino idea. 

    Blair ha sottolineato a più riprese di rispettare l’esito del voto del referendum di giugno, ma ha aggiunto che la gente ha deciso “senza conoscere i veri termini della Brexit”. “Dal momento che questi termini sono diventati chiari, è loro diritto cambiare idea”, ha detto.

    La sfida lanciata dall’ex premier laburista, che ha annunciato la nascita di un movimento d’opinione chiamato Open Britain per convincere il paese a un ripensamento, è quella di “evidenziare incessantemente i costi” che comporta la separazione dall’Ue.

    Blair non ha spiegato come l’eventuale cambio d’opinione britannico possa avvenire (in passato aveva evocato un secondo referendum dopo i negoziati con Bruxelles o elezioni anticipate), ma ha accusato l’attuale governo conservatore di Theresa May d’aver sposato una linea che non sarebbe più quella di “una hard Brexit”, bensì di “una Brexit a tutti i costi”, con decisioni unilaterali anche sul mercato unico e sulle questioni doganali.

    L’ex premier laburista si è detto anche pronto a ridiscutere le politiche del paese sull’immigrazione, ma ha fatto notare come l’uscita dall’Ue non sia una condizione sufficiente per garantire la limitazione dei flussi di persone in ingresso nel Regno Unito.

    Il discorso di Blair si è tenuto nello stesso luogo in cui, nel gennaio 2013, l’ex primo ministro David Cameron aveva annunciato il suo piano di indire un referendum sull’adesione all’Unione europea, aprendo di fatto la strada all’inatteso risultato a favore del “leave” di giugno.

    Netta è arrivata la replica di Downing Street, residenza e sede a Londra del primo ministro Theresa May che, tramite un portavoce, ha escluso ogni possibilità di un secondo referendum, confermando l’impegno del governo britannico ad avviare l’iter di separazione dall’Ue già il mese prossimo, nel rispetto della volontà popolare. 

    A marzo sono previsti i primi negoziati con Bruxelles e a maggio l’attivazione dell’articolo 50 del trattato di Lisbona, che regola l’uscita di uno stato membro dall’Unione europea. Il divorzio del Regno Unito dall’Ue dovrebbe concludersi in due anni, nell’autunno del 2018.

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