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    “La terra crollava sotto i nostri piedi, le persone pregavano e urlavano ricoperte di sangue”: vi raccontiamo le nostre 48 ore di terrore in Indonesia

    Credit: AFP

    Dario Ficco e Luca Surdo raccontano in esclusiva a TPI le tragiche ore trascorse su una piccola isola dell’Indonesia colpita dal terremoto che in tutta l’aerea ha causato oltre 347 morti e più di 1.400 feriti

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 10 Ago. 2018 alle 14:33 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 19:03

    “Siamo arrivati sull’isola di Gili Trawangan esattamente la notte prima del terremoto per festeggiare il nostro matrimonio, è stato incredibile, eravamo pieni di gioia e all’improvviso l’inferno”.

    Dario Ficco e Luca Surdo raccontano in esclusiva a TPI le tragiche ore trascorse su una piccola isola dell’Indonesia colpita dal terremoto che in tutta l’aerea ha causato oltre 347 morti e più di 1.400 feriti.

    Il sisma è stato di magnitudo 7 sulla scala Richter ed è stato seguito da un mini-tsunami con un’onda fra i 10 e i 15 centimetri si altezza. L’epicentro è stato individuato in mare, 18 chilometri a nord-ovest di Lombok e a 10 chilometri di profondità.

    “Erano le 19, ci stavamo preparando per andare a cena nel nostro albergo, villa Ombak, quello con il porticciolo a forma di cuore, dove poi c’è stato l’attracco delle navi. Eravamo in videochiamata con i miei genitori – racconta Dario – per mostrare loro quel luogo stupendo, eravamo tranquilli. All’improvviso la terra ha cominciato a tremare, si è spaccata letteralmente la strada sotto i nostri piedi, è andata via la corrente, tutto è crollato: i mobili, i piatti, il tetto della piscina, ogni cosa”.

    Dario ci parla da Bali, a Kuta per la precisione, e spiega: “stando su un’isola così piccola e da soli non sapevamo cosa fare, eravamo in preda al panico, abbiamo visto tante persone ferite dai crolli”.

    “Dopo circa dieci minuti, il personale dell’albergo ci ha radunati in un punto mentre altri illuminavano con le torce. Nonostante ci fosse stato comunicato che non c’era allerta tsunami, ci hanno fatto convogliare verso una collina, procedendo lungo un percorso impervio”.

    “Mentre salivamo abbiamo incontrato una coppia conosciuta il giorno precedente in piscina e che avremmo dovuto ritrovare a cena: lui aveva la testa completamente fasciata e sporca di sangue. Erano in camera durante il terremoto, la scala per la quale erano scappati era crollata, erano completamente ricoperti di sangue”, racconta Dario, con la voce ancora segnata dal terrore.

    “Abbiamo trascorso la notte su questa collina, ci sono stati forniti i beni di prima necessità, le ore passavano, le scosse continuavano, la situazione era terrificante, man mano arrivavano anche persone di altre strutture alberghiere: è stato devastante”.

    “Quella notte ci è sembrata non finire mai, c’era chi ad alta voce continuava a pregare, chi si lamentava per le ferite, avevamo freddo e solo una coperta a scaldarci, sotto la quale abbiamo dormito in quattro”.

    “All’alba”, prosegue Dario, “Ci è stato permesso di tornare in albergo per recuperare i nostri effetti personali. Giunti lì abbiamo visto davvero cosa era accaduto: le baracche in cui vivevano i dipendenti erano completamente distrutte. Da noi era crollato tutto, una situazione disastrosa, la nostra camera era semi-salva, siamo riusciti ad entrare e a recuperare le nostre cose, ma molti non hanno potuto farlo”.

    Un particolare ha colpito Dario ed è rimasto impresso nella sua memoria: “I dipendenti era tutti sorridenti, ci hanno preparato la colazione in piscina dove però era tutto crollato, era paradossale, sembrava di stare sul Titanic mentre affondava”.

    “Dalle sei del mattino fino alle 21.30 siamo rimasti in attesa di un’imbarcazione che ci riportasse a Lombok per poi fare ritorno a Bali. Sono arrivate delle barchette della protezione civile da sei persone, e dopo sei interminabili ore di fila, siamo riusciti a salire su una di queste”.

    “Durante la fila le persone litigavano, c’era chi si picchiava pur di salire, alcuni indonesiani erano venuti a saper di avere parenti morti o feriti in altri luoghi e volevano partire ad ogni costo”:

    “Giunti a Lombok abbiamo assistito al devasto totale. Lungo le strade dissestate c’erano massi grandi quanto persone crollati dalla montagna, e mentre costeggiavamo quelle strade per giungere al porto sentivamo addosso la paura che qualcosa potesse colpire anche noi”.

    “Alle sei siamo riusciti a prendere il traghetto, ma siamo rimasti fermi fino alle otto per il mare agitato. Alle due mezzo, finalmente, siamo giunti al porto di Bali, dopo un’ora e mezzo di macchina, siamo arrivati in albergo, alle 4 di mattina”.

    Il racconto di Dario si conclude con un’amara riflessione: “Portiamo dentro delle immagini terrificanti: persone ferite, altre che non abbiamo più visto, e quelle dei sorrisi finti del dipendenti dell’albergo che dovevano dissimulare una serenità in una situazione così tragica”.

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