Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Esteri
  • Home » Esteri

    Una teoria controversa su cosa si nasconde dietro la nascita dell’Isis

    Secondo l’economista francese Thomas Piketty, le disuguaglianze economiche in Medio oriente sono una delle cause principali dell’evoluzione dello Stato Islamico

    Di Giulia Perrone
    Pubblicato il 22 Mar. 2016 alle 17:56 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 22:54

    A circa un anno dalla pubblicazione del saggio “Il capitale nel XXI secolo”, uno dei libri più venduti nell’ultimo anno negli Stati Uniti, l’economista francese Thomas Piketty è tornato a parlare di economia con un intervento sul quotidiano francese Le Monde.

    In una analisi sulla genesi del terrorismo pubblicata dopo gli attacchi di Parigi dello scorso 13 novembre, l’economista francese ha affermato che a provocarne la nascita sarebbero le disparità economiche presenti nei Paesi del Medio oriente.

    Piketty scrive che il sistema socio-politico del Medio oriente è stato indebolito dalla presenza di gran parte del petrolio mondiale nel sottosuolo di poche nazioni scarsamente popolate. Nell’area compresa tra Egitto e Iran, Siria inclusa, la ricchezza è concentrata per circa il 70 per cento nelle mani delle monarchie del petrolio, mentre quei paesi sono abitati solo dal 10 per cento dei 300 milioni di persone che occupano l’intera area.

    Piketty fa riferimento a Paesi come Qatar, Emirati Arabi, Kuwait, Arabia Saudita, Bahrain e Oman. In base alle stime effettuate dall’economista nella suo libro “Il capitale nel XXI secolo”, queste zone sono popolate solo dal 16 per cento degli abitanti totali della regione ma concentrano però il 60 per cento del prodotto interno lordo. Entro tali confini, dichiara l’autore, una piccolissima fetta della popolazione controlla gran parte della ricchezza mentre la restante percentuale, che include donne e rifugiati, è mantenuta in stato di “semi-schiavitù”.

    La situazione economica mediorientale, dice Piketty, è diventata un pretesto per le azioni dei jihadisti, al pari delle ferite subite a causa delle guerre condotte nella regione dalle potenze occidentali. In cima alla lista c’è la prima Guerra del Golfo (1990-1991), che l’autore ritiene essersi conclusa con la restituzione del petrolio da parte delle truppe alleate nelle mani degli “emiri” arabi.

    Nonostante l’esperto non lo dichiari espressamente, dal suo punto di vista, la combinazione tra l’impoverimento economico e gli orrori della guerra, avrebbe dato origine a quella che definisce la “polveriera” del terrorismo mediorientale.

    Particolarmente aspra l’accusa che l’autore muove nei confronti dell’Occidente, colpevole di aver causato disparità in Medio oriente e aver contribuito alla persistenza delle monarchie del petrolio. “Questi regimi sono supportati militarmente e politicamente dalle potenze occidentali, ben felici di ricavare qualche briciola utile a finanziare le proprie squadre di calcio o il commercio delle armi”, ha scritto Piketty nel suo approfondimento.

    (Un grafico del Washington Post sulla distribuzione delle ricchezze in Medio oriente in rapporto alla popolazione)

    Il terrorismo nato da tali diseguaglianze, continua Piketty, dovrebbe essere combattuto economicamente. I paesi occidentali dovrebbero dimostrare di essere interessati alla crescita sociale del Medio oriente e non alla mera garanzia dei propri interessi finanziari o alla cura dei rapporti con le famiglie più potenti. Il modo per farlo, dice, è assicurare che i ricavi derivanti dal commercio di petrolio siano utilizzati per finanziare lo “sviluppo territoriale” della regione, già a partire da un miglioramento dell’educazione.

    L’economista dedica infine uno sguardo al proprio Paese di origine, la Francia, condannando l’atteggiamento discriminatorio di Parigi nei confronti degli immigrati e il mantenimento di un alto livello di disoccupazione tra gli stessi. L’Europa dovrebbe abbandonare la propria politica di “austerità”, rinvigorire il proprio modello di integrazione e a creare nuove opportunità di lavoro, dice, facendo notare che il continente aveva accettato di accogliere un milione di immigrati l’anno prima che iniziasse la crisi finanziaria.

    Rimane da verificare se, alla luce del confronto tra la situazione economica del Medio oriente e la condizione delle altre regioni del mondo, le disparità di ricchezza possano essere alla base della nascita dello Stato Islamico.

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version