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    Il misterioso suicidio di Ana Mladić, figlia del boia di Srebrenica, che si uccise durante la guerra

    Ratko Mladić con la moglie (a sinistra) e la figlia Ana (a destra)

    La notte del 24 marzo 1994 Ana Mladić, figlia prediletta dell'ex comandante serbo, si uccise con un colpo di pistola. Una morte ancora avvolta nel mistero, che nel 2013 ha ispirato il romanzo “La Figlia” di Clara Usòn

    Di Giuseppe Loris Ienco
    Pubblicato il 24 Nov. 2017 alle 13:36 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 19:39

    Mercoledì 22 novembre Ratko Mladić  è stato condannato in primo grado all’ergastolo per crimini di guerra e contro l’umanità, tra i quali genocidio.

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    I giudici del Tribunale Penale Internazionale dell’Aja per i crimini nella ex Jugoslavia hanno riconosciuto le responsabilità dell’ex comandante serbo, catturato nel 2011 dopo più di un decennio di latitanza, per le migliaia di morti nell’assedio di Sarajevo tra il 1992 e il 1996 e nel massacro degli uomini bosniaci musulmani di Srebrenica nel 1995, il peggiore mai avvenuto in Europa dai tempi della Seconda guerra mondiale.

    Alcuni di questi terribili eventi hanno avuto un peso anche sulla famiglia del “boia di Srebrenica”.

    La notte del 24 marzo 1994 sua figlia Ana, brillante studentessa di medicina all’università di Belgrado, si uccise sparandosi con la pistola preferita del padre, una vecchia Zastava che Mladić custodiva nella sua collezione di armi personale.

    Tra i due c’era un rapporto speciale. La 23enne era molto orgogliosa di suo padre: a volte lo seguiva nel lavoro e lo osservava dare ordini ai suoi uomini. Sentimenti contraccambiati da Mladić, che avrebbe voluto utilizzare proprio la Zastava con la quale la figlia si tolse la vita per festeggiare, sparando “a festa”, la nascita di un nipotino mai arrivato.

    Descritta come una ragazza intelligente e ambiziosa, Ana Mladić  non aveva mai mostrato tendenze suicide. Un gesto che, a poco più di 23 anni di distanza, continua a essere avvolto nel mistero.

    Innanzitutto, i motivi effettivi che hanno spinto la giovane al suicidio non sono mai stati chiariti del tutto. In molti sostengono – e questa è la tesi ufficiale – che Ana si sia suicidata perché incapace di reggere il peso delle terribili colpe del padre, che non molti mesi dopo furono aggravate ulteriormente dalle migliaia di morti del massacro di Srebrenica.

    Leggi anche: “Mladić è stato condannato, ma a Srebrenica ha vinto lui”. Il racconto di un sopravvissuto al genocidio

    Leggi anche: Il genocidio di Srebrenica

    Per altri, invece, si sarebbe trattato di un dramma mosso dalla passione. La ragione del suicidio di Ana Mladić  potrebbe quindi essere legata alla morte di Dragan Stojkovic, un giovane soldato serbo con il quale la ragazza avrebbe avuto una relazione amorosa.

    Stojkovic morì sul campo di battaglia, dopo essere stato trasferito sul fronte bosniaco dallo stesso Ratko Mladić, che voleva allontanarlo dalla figlia prediletta.

    Secondo alcune tesi, l’ex comandante considerava il giovane troppo indisciplinato e, fermamente contrario alla storia d’amore tra i due. Sarebbe stato disposto a tutto pur di interromperla.

    La decisione di Ana di togliersi la vita sarebbe arrivata dopo aver capito che dietro la morte del fidanzato, per quanto in maniera indiretta, c’era proprio la mano dell’amatissimo padre.

    Esiste ancora un’altra teoria, supportata da Ratko Mladić e dalla sua famiglia: la morte di Ana non sarebbe stato un suicidio, bensì un omicidio organizzato dai “nemici della Serbia”. Una teoria cospirazionista nata per proiettare le proprie colpe all’esterno, verso quei “nemici” nei confronti dei quali il “boia di Srebrenica” non ha mai manifestato alcuna pietà.

    Ai funerali di Ana non partecipò nessuna persona al di fuori della stretta cerchia familiare. Al fianco di Mladić non c’erano né il presidente Slobodan Milosevic, né il capo politico dei serbi di Bosnia Radovan Karadzic.

    Un saluto triste e silenzioso, per una ragazza cresciuta nella Belgrado cosmopolita e vivace degli anni precedenti il sanguinoso conflitto degli anni Novanta.

    L’università da lei frequentata era un simbolo della convivenza pacifica delle diverse anime che componevano la ex Jugoslavia: qui si trovavano i suoi migliori amici, alcuni dei quali musulmani bosniaci, che la ragazza aveva visto mano a mano allontanarsi dopo essere stati chiamati al fronte, mentre forse cresceva in lei il risentimento nei confronti di un padre il cui nome stava diventando sinonimo di terrore in tutta Europa.

    Nel 2013 la triste vicenda di Ana Mladić e del suo rapporto con il padre hanno ispirato il romanzo “La Figlia” della scrittrice catalana Clara Usòn, edito in Italia da Sellerio. Un libro che mescola realtà storica e finzione e in cui la violenza del conflitto nei Balcani è descritta attraverso gli occhi della figlia innocente di uno dei più noti criminali di guerra europei, le cui responsabilità sono state finalmente riconosciute.

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