Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Esteri
  • Home » Esteri

    Sono una donna geneticamente uomo

    Il racconto in prima persona di una donna che a causa di una rara sindrome è nata con i cromosomi maschili

    Di TPI
    Pubblicato il 29 Mag. 2015 alle 17:00 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 00:34

    Da bambina ero molto bassa di statura, e mi dicevano spesso che sembravo tre o quattro anni più piccola della mia età. Per un po’ l’idea di essere diversa mi fece piacere, ma verso la fine delle elementari la cosa cominciò a stancarmi. Feci diversi test per capire se ci fosse una ragione medica dietro la mia altezza, ma non trovarono nulla di anomalo in me. 

    Durante gli anni delle scuole medie, vedevo le mie amiche che diventavano donne, mentre io rimanevo sempre uguale. Studiavo in un collegio, lontano da casa, e la cosa non mi fu di grande aiuto, anzi.

    Mi prendevano spesso in giro e divenni sempre più consapevole del mio corpo. Nell’ultimo anno di scuola secondaria feci altri test – non ero ancora entrata nella pubertà – e alla fine mi dissero che a causa di un raro e poco noto disordine dello sviluppo riproduttivo, chiamato sindrome di Swyer, ero nata con cromosomi maschili. 

    Di conseguenza, il mio corpo non era in grado di produrre estrogeni, i principali ormoni sessuali femminili, che sono necessari alle ragazze per entrare nella pubertà. Anche se avevo l’utero e le tube di Falloppio, le mie ovaie non si erano sviluppate nel modo giusto e non potevano produrre ovuli.

    Inoltre, c’era un alto rischio che diventassero cancerogene e quindi dovetti rimuoverle. All’epoca non esisteva ancora la chirurgia mininvasiva, e l’operazione fu lunga e impegnativa. Anche dopo l’operazione, ci sono voluti anni di terapie prima che avvenissero in me quei cambiamenti che dovrebbero manifestarsi naturalmente nel corpo degli adolescenti. 

    Ero distrutta. Non riuscivo a confidarmi e parlare della mia situazione, né con miei amici né con i miei familiari. Scoprire che ero sterile e che non avrei mai potuto avere dei bambini sul momento non ebbe su di me l’effetto che avrebbe avuto in seguito.

    A 15 anni la mia preoccupazione principale era riuscire a integrarmi a scuola. Ero ancora alta soltanto un metro e 42 centimetri. Per due anni ho dovuto assumere l’ormone della crescita quotidianamente, e per il primo anno non ho potuto prendere contemporaneamente le medicine che mi avrebbero fatta sviluppare.

    Quando finalmente entrai nella pubertà, fu un grandissimo sollievo. Ma i miei amici adolescenti non sapevano bene come comportarsi con la mia situazione.

    Le loro reazioni sono state un misto di imbarazzo, compassione e goffe prese in giro, e io sono sempre rimasta sulla difensiva. Dopo anni di bullismo, per me era impossibile reinventare il modo in cui percepivo me stessa, anche se fisicamente ero cambiata. 

    L’opportunità di reinventarsi arrivò con l’università. Cominciai una relazione durante la settimana di orientamento: non avevo mai avuto un ragazzo prima.

    Il secondo anno rinnovai completamente il mio guardaroba, avendo finalmente trovato la sicurezza necessaria per comprare vestiti più femminili, in alcuni casi addirittura scollati.

    Durante gli anni della mia adolescenza, la priorità era sempre stata quella di rimanere invisibile. Non avevo mai pensato di poter essere attraente sessualmente.

    Avevo poco più di vent’anni quando andai a letto con un uomo per la prima volta. Quando in seguito lui mi lasciò, mi disse che era perché non potevo avere figli.

    Non credo che l’infertilità sia completamente scollegata dal fatto che io sia ancora single a 40 anni. Tendo a ritrovarmi con persone che non vogliono impegnarsi del tutto in una relazione. 

    Praticamente tutti i miei amici hanno dei figli e la cosa ha reso più difficili i miei rapporti con loro. Quando fu mia sorella minore ad avere un bambino, la cosa mi colpì duramente. Mia madre non mi chiamò per due settimane dopo la nascita del bambino – non sapeva come gestire la situazione.

    Alla fine mi confidai con mio padre, che aveva buone intenzioni, ma reagì in modo molto impacciato. Mi elencò tutte le cose che io sapevo fare e mia sorella no, come suonare il piano.

    Gli chiesi come avrebbe reagito al posto mio, se gli avessero dovuto rimuovere i testicoli da adolescente e qualcuno gli avesse detto: “Ma non preoccuparti, perché sei molto bravo nel disegno tecnico”. Dopo questo episodio non ci siamo parlati per più di un anno. 

    Pochi anni fa mi hanno diagnosticato l’osteoporosi, causata dalla mancanza di estrogeni durante l’adolescenza. È stato un altro brutto colpo, ma il trattamento ha scatenato in me una specie di seconda pubertà, e sono diventata più formosa.

    Mi sento molto più a mio agio con il mio corpo oggi, a 40 anni, che durante l’adolescenza. E fortunatamente sembro molto più giovane della mia età. 

    La sindrome di Swyer è un disordine molto raro, colpisce solamente una persona ogni 30mila. Non ho mai incontrato nessun altro che ne fosse affetto, e non sono ancora riuscita ad accettare completamente la mia situazione.

    Per anni le persone hanno cercato di farmi sentire come uno scherzo della natura, e quella sensazione non mi ha mai lasciata del tutto. Ma il pensiero della mia condizione non è più costantemente in cima ai miei pensieri. 

    L’articolo è stato pubblicato originariamente qui. Traduzione a cura di Vittoria Vardanega. 

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version