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    La storia di uno dei più grandi inganni di tutti i tempi da parte della Cia

    Equipaggiata con impianti a torre e le ultime attrezzature di perforazione dell'epoca, una nave era stata progettata per scovare in fondo all'oceano una fonte di incredibile ricchezza

    Di Marta Perroni
    Pubblicato il 20 Feb. 2018 alle 14:26 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 00:22

    Nell’estate del 1974, una nave salpò da Long Beach in California per dirigersi nel mezzo dell’oceano Pacifico.

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    La nave, molto particolare, era equipaggiata con impianti a torre e le ultime attrezzature di perforazione dell’epoca. Era stata progettata per scovare in fondo all’oceano una fonte di incredibile ricchezza. 

    Annunciato dagli Stati Uniti come il passo più audace della storia, l’obiettivo era quello di raggiungere una nuova frontiera nel settore minerario: l’estrazione di metalli preziosi dalle rocce dei fondali marini.

    Il problema non erano le enormi difficoltà dell’impresa ma il fatto che l’intera spedizione fosse una bugia.

    Il vero bersaglio dell’equipaggio a bordo della gigantesca nave era il K-129, un sottomarino sovietico affondato, sei anni prima, a 1,5mila miglia a nord-ovest delle isole Hawaii mentre stava trasportando tre missili balistici con armi nucleari SS-N-4.  

    Era partito dalla base navale di Petropavlovsk sulla penisola russa di Kamchatka per occupare la stazione di pattuglia in tempo di pace nell’Oceano Pacifico a nord-est delle Hawaii.

    Poco dopo aver lasciato il porto però, il sottomarino e tutto il suo equipaggio furono dispersi.

    I russi non erano riusciti a trovarlo nonostante avessero spiegato ingenti forze in una massiccia ricerca, ma una rete americana di ascolto sottomarino aveva rilevato il rumore di un’esplosione che portò le squadre statunitensi a raggiungere il relitto.

    Secondo i documenti della CIA, si trovava a tre miglia più in profondità di dove era stato cercato dai russi, 1,5 miglia a nord-ovest delle Hawaii e a 16mila piedi e mezzo di profondità, più a fondo di qualsiasi precedente operazione di salvataggio.

    Le armi e i libri in codice top-secret irraggiungibili rappresentavano per gli Stati Uniti un vero e proprio tesoro: la possibilità di esaminare i missili nucleari di Mosca e di irrompere nelle sue comunicazioni navali.

    La CIA, come si legge dal rapporto sul sito ufficiale dell’agenzia, con l’appoggio del Ministero della Difesa americano, creò il “Progetto Azorian” per recuperare il sottomarino, ma l’operazione doveva essere messa in atto senza che i russi potessero scoprirlo.

    Le spie americane avevano bisogno di creare una cortina di fumo in modo che fingessero di esplorare la possibilità di estrarre acque profonde, fu così che quei fondali marini diventano improvvisamente preziosissimi giacimenti minerari.

    Gli ingegneri della CIA dovevano affrontare un compito scoraggiante: sollevare l’immenso sottomarino naufragato da 1,7 mila tonnellate, lungo 132 metri, da un abisso oceanico sconosciuto a più di tre miglia sottostanti, in totale segretezza.

    Nel 1970, dopo un attento studio, un team di ingegneri e appaltatori della CIA determinò che l’unico approccio tecnicamente fattibile consisteva nell’utilizzare un grande artiglio meccanico per afferrare lo scafo e gli argani pesanti montati su una nave di superficie per sollevarlo.

    La nave sarebbe stata chiamata la Glomar Explorer, una nave da miniera commerciale d’alto mare apparentemente costruita e posseduta dal miliardario Howard Hughes.

    L’imprenditore, regista, aviatore e produttore cinematografico fornì la plausibile storia di copertura: la Glomar era una sua nave che stava conducendo ricerche marine in profondità oceaniche estreme, minando noduli di manganese distesi sul mare nella parte inferiore.

    La nave era dotata della stabilità e la potenza necessarie per eseguire il compito.

    Lo scafo della nave aveva enormi porte che potevano oscillare per creare un’apertura subacquea, chiamata “piscina lunare”, abbastanza grande da ospitare il sottomarino sovietico e tenerlo nascosto.

    Fuori dalla vista, all’interno della nave c’era un “veicolo di cattura” che aveva un gigantesco set di artigli per arpionare il sottomarino e assicurarlo.

    Nel 1974, sei anni dopo l’affondamento del sottomarino, la CIA era pronta. Il costo del progetto, 500 milioni di dollari, equivaleva all’epoca a costruire una coppia di portaerei o lanciare una missione Apollo sulla luna.

    Dave Sharp, ex agente della CIA, ha detto alla BBC “abbiamo davvero ingannato un sacco di persone ed è sorprendente che questa storia sia rimasta credibile per così tanto tempo”.

    La copertura è stata così buona che ha spinto le università statunitensi a spostarsi per iniziare corsi di estrazione in alto mare e ha anche alzato i prezzi delle azioni delle società coinvolte.

     “La gente pensava che se ci fosse stato coinvolto Howard Hughes, doveva essere davvero importante ” continua Sharp.

    “Abbiamo anche raccolto alcuni noduli”, ricorda “che è stato la nostra fortuna perché le navi spia sovietiche ci sorvegliavano costantemente e una volta si sono avvicinate abbastanza da sentire le nostre conversazioni”. 

    Le complicazioni non erano poche. Il progetto aveva bisogno di mare calmo e questo era possibile solo in estate. Ma proprio quando stavano per iniziare, nell’estate del 1974, il presidente degli Stati Uniti Richard Nixon era in visita a Mosca per un vertice sulla pace.

    Essere sorpresi a rubare un sottomarino sovietico non sarebbe stato d’aiuto, quindi Nixon ordinò che l’operazione non potesse iniziare finché non avesse lasciato la Russia.

    Era il 3 luglio. A quel punto l’Hughes Glomar Explorer era in posizione e i verricelli entrarono in azione il giorno dopo.

    Ma le cose non andarono bene.

    L’agente Sharp ricorda alla BBC che pompe e connessioni continuavano a rompersi. Enormi vibrazioni hanno scosso la nave mentre il “veicolo di cattura” stava “battendo avanti e indietro tra le onde”. 

    Ma il 30 luglio, ha visto grazie a telecamere subacquee che trasmettevano il video del sottomarino “dozzine di crostacei che strisciavano e un grosso pesce bianco che sembrava uno squalo”.

    Sorprendentemente, i giganteschi artigli d’acciaio afferrarono con successo il sottomarino. Ma poi il disastro. Ad un certo punto durante l’ascesa, l’immensa tensione divenne eccessiva, una parte di un artiglio si spezzò e gran parte del sottomarino scivolò di nuovo sul fondo del mare.

    Solo la sezione anteriore rimase. I corpi di sei sommergibilisti sovietici furono recuperati e in seguito fu data una sepoltura formale in mare. Ma i missili e i codici non vennero mai ritrovati.

    La breve carriera clandestina della Glomar era finita e fu dimenticata per oltre un quarto di secolo. Poi, alla fine degli anni ’90, una compagnia petrolifera statunitense restaurò la nave e la utilizzò per trivellazioni petrolifere e esplorazioni in acque profonde.

    Sebbene il “progetto Azorian” non sia riuscito a soddisfare tutti i suoi obiettivi di intelligence, la CIA considerò infatti l’operazione come uno dei più grandi colpi della Guerra Fredda.

    L’intera operazione rimane una meraviglia dell’ingegneria, avanzando lo stato delle tecniche di estrazione mineraria nell’oceano profondo e della tecnologia degli elevatori.

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