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    Torna ad Hama la statua del padre di Assad, simbolo del regime siriano

    Rimossa il 6 giugno 2011, la statua, emblema per antonomasia del potere baathista, è tornata nella città siriana di Hama, tra i festeggiamenti di alcuni cittadini

    Di Asmae Dachan
    Pubblicato il 20 Feb. 2017 alle 13:55 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 17:53

    La statua di Hafiz al-Assad torna all’ingresso meridionale della città di Hama, nella Siria centrale, dopo la rimozione del 6 giugno 2011. Il monumento è stato nuovamente inserito all’interno della rotatoria denominata Al Nesr.

    Testimoni oculari hanno raccontato che le operazioni si sono svolte alla presenza di numerosi agenti di polizia. Dopo le operazioni di collaudo, un piccolo corteo di persone ha festeggiato il ritorno della figura di Assad padre. In un documento diffuso in rete si legge anche l’invito di Mohamed Abdallah Hazzury, sindaco della città, rivolto alle autorità religiose locali per prendere parte all’evento. 

    L’articolo prosegue dopo la foto. Credit: Facebook

    La storia di questa statua è strettamente legata alle rivolte anti regime e alle conseguenti stragi.

    La rimozione non è avvenuta per mano dei ribelli, come è accaduto in altre località, ma su ordine dell’ex responsabile per la Sicurezza Nazionale Hisham Bakhtiyar, rimasto poi ucciso in seguito a un’esplosione. Dopo la strage di minori ribattezzata “Atfal al Horrye”, i bambini della libertà, che si è consumata nel giugno 2011 proprio nella città di Hama, Bakhiyar ordinò all’esercito di prelevare il busto e di portarlo in un luogo sicuro.

    La scomparsa di quell’immagine, considerata il simbolo per antonomasia del potere baathista, era stata accolta con favore dalla popolazione locale insorta, che con il regime di al-Assad aveva un conto in sospeso dal 1982. 

    Proprio Hama, la città attraversata dal fiume Oronte e nota per le sue antichissime norie (ruote ad acqua), era stata teatro di un massacro ordinato da Hafiz al-Assad e condotto dalle milizie guidate dal fratello Rif’at per sedare la prima rivolta anti regime. A guidare le sommosse fu il movimento dei Fratelli Musulmani, nato inizialmente come iniziativa culturale d’ispirazione sunnita, in contrasto con il totalitarismo del regime baathista e divenuto successivamente anche un movimento di lotta armata.

    La repressione della rivolta si consumò dal 2 al 28 febbraio 1982 e, secondo le ricostruzioni, costò la vita a oltre 35mila persone. Migliaia furono gli scomparsi, molti dei quali, secondo fonti dell’opposizione, furono torturati e poi uccisi nelle carceri del regime. La città fu circondata e bombardata per quasi un mese e i corpi delle vittime finirono nelle fosse comuni. Soltanto le testimonianze dei sopravvissuti e i rilevamenti ottenuti da immagini satellitari hanno permesso la ricostruzione dei fatti, che il regime ha cercato di ridimensionare per anni. 

    In questo contesto, non risulta casuale la scelta di riportare la statua dell’ex presidente a Hama, proprio nel mese di febbraio, quando ricorre il trentacinquesimo anniversario dal massacro. Allora come oggi il regime parlava di lotta al terrorismo per motivare le sue violenze.

    Oggi il governo di Bashar al-Assad sente di aver sconfitto i suoi detrattori, di aver concretizzato lo slogan “la Siria degli Assad” e il ritorno delle immagini simbolo del suo potere servono a rimarcare il controllo del territorio. Ma la Siria di oggi, non è più quella del 1982.

    È una Siria dove oltre metà dei cittadini sono fuggiti o sono sfollati. È una Siria che fa i conti con il potere del sedicente Stato islamico, con la presenza degli eserciti russo e iraniano. È una Siria dove s’innalzano le statue mentre continuano a morire innocenti. 

    Video 1: Le autorità rimuovono la statua di Hafez al Assad 

    Video 2: Il popolo in rivolta festeggia la rimozione della statua di Assad gridando: “Il popolo vuole la caduta del regime”

    Video 3: Il ritorno della statua di Hafiz Al Assad e i festeggiamenti

    Un’opera dell’artista dissidente Osama Hajjaj in omaggio alle vittime di Hama: 

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