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    Stati Uniti e Unione europea hanno chiesto alla Cina di liberare i prigionieri politici

    L’appello è stato fatto il 10 dicembre in occasione della giornata internazionale dei diritti umani

    Di TPI
    Pubblicato il 10 Dic. 2016 alle 13:06 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 22:03

    Gli Stati Uniti e l’Unione europea, sabato 10 dicembre, in occasione della giornata internazionale dei diritti umani, hanno fatto un appello alla Cina perché liberi decine di prigionieri politici.

    Si tratta di avvocati e attivisti che negli ultimi anni sono stati arrestati e incarcerati dalle autorità di Pechino senza alcun rispetto dei diritti umani.

    Da quando è salito al potere nel 2012 il presidente cinese Xi Jinping ha avviato una campagna di repressione ai danni della libertà di espressione che ha colpito avvocati, femministe, attivisti e persino figure religiose.

    Solo dal luglio del 2016, sono circa 250 gli avvocati e gli attivisti incarcerati dalle autorità in quella che alcuni anno definito una “guerra alla legge”.

    “Sono estremamente preoccupato per le condizioni di detenzione di molti avvocati cinesi”, ha commentato l’ambasciatore degli Stati Uniti in Cina: “Il trattamento di queste persone smentisce l’impegno fatto dalla Cina nel garantire rispetto dei diritti umani”.

    Identico appello è arrivato dall’Unione europea che in una dichiarazione ufficiale ha chiesto a Pechino di “rilasciare immediatamente qualsiasi individuo che è stato arrestato per cercare di esercitare, proteggere o promuovere i loro diritti o quelli degli altri”.

    L’appello è stato fatto in occasione della giornata internazionale dei diritti umani, istituita per ricordare l’adozione il 10 dicembre del 1948 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, che la Cina tra l’altro ha firmato.

    Stati Uniti e Unione europea, tra gli altri, hanno chiesto il rilascio del Nobel per la pace Liu Xiaobo, che è imprigionato dal 2008. Sono stati inoltre ricordati gli avvocati dei diritti umani Li Heping e Wang Quanzhang, Xie Yang e Xie Yany.

    Altri casi emblematici dell’approccio intransigente adottato dalla Cina nei confronti delle minoranze etniche che non riconoscono il potere assoluto del partito comunista cinese sono quelli dell’avvocato tibetano Tashi Wangchuk e del professore universitario Ilham Tohti, un musulmano uiguro condannato all’ergastolo.

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