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    Negli Stati Uniti una startup vuole conservare il nostro cervello, ma per farlo deve prima ucciderci

    Negli Stati Uniti una startup vuole conservare il nostro cervello, ma per farlo deve prima ucciderci. Credit: Pixabay

    La startup Nectome ha studiato un processo di conservazione del cervello umano, il cui problema fondamentale è il fatto che è fatale

    Di Camilla Palladino
    Pubblicato il 15 Mar. 2018 alle 15:04 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 00:20

    Da quel bel capitolo del tuo libro preferito, alla sensazione della fredda aria invernale, dal cuocere una torta di mele, al cenare con i tuoi amici e familiari: sono tutti dati conservati nel nostro cervello, che perdiamo con la morte.

    Nectome è una startup statunitense il cui scopo è quello di studiare un metodo per conservare il cervello di una persona, lasciando completamente intatti i suoi ricordi, e digitalizzarlo per riutilizzarne le informazioni in futuro e riuscire a ricreare la mente della persona.

    La startup ha elaborato una soluzione chimica capace di mantenere un cervello umano intatto per centinaia di anni, forse anche migliaia. La tecnica utilizzata è la stessa che è stata precedentemente sperimentata sui conigli.

    L’unico, fondamentale, problema è che il processo è “fatale nel 100 per cento dei casi”, ha detto Robert McIntyre, cofondatore di Nectome.

    Infatti, affinché il processo di vetrificazione preservi un cervello abbastanza bene da conservarne i dati o addirittura risvegliarlo in futuro, deve essere eseguito al momento della morte.

    Anzi, deve essere la causa della morte: il processo prevede che il flusso del sangue che va verso il cervello venga sostituito con le sostanze chimiche “imbalsamanti”, che preservano la struttura neuronale, anche se intanto uccidono il paziente.

    La startup Nectome è stata fondata nel 2016 da una coppia di ricercatori che studiano l’intelligenza artificiale all’università MIT (Massachusetts Institute of Technology), che sperano di offrire un’applicazione commerciale al nuovo processo di conservazione del cervello, chiamato “criopreservazione stabilizzata con aldeide”.

    In effetti il processo, che ha come risultato la “vitrificazione” del cervello (la stessa tecnica che si utilizza per congelare gli ovuli), è abbastanza promettente. Tanto da aver vinto due premi dalla Brain Preservation Foundation, il primo per preservare il cervello di un coniglio, nel 2016, e il secondo per preservare il cervello di un maiale, nel 2018.

    Per poter avere accesso al processo di conservazione del cervello, esiste una lista d’attesa, che attualmente conta 25 nomi, e bisogna pagare una caparra di circa 8mila euro.

    Tra le persone in lista risulta il nome dell’amministratore delegato dell’agenzia di prestiti finanziari Y-Combinator, Sam Altman.

    L’imprenditore di 32 anni ha deciso che il suo “cervello finirà nella ‘nuvola informatica’” in cui vengono conservati i dati come server, risorse di archiviazione, database, rete, software e analisi, come ha dichiarato al MIT Technology Review.

    Un altro problema del processo studiato da Nectome, è la legge: è molto probabile che non tutti i paesi legalizzeranno un metodo scientifico che prevede la morte, ma i suoi ideatori credono che il servizio diventerà legale in certi stati degli Stati Uniti in cui già esistono forti leggi sull’eutanasia, tra cui la California.

    Per il momento, comunque, l’unica cosa certa è che il processo di conservazione del cervello umano non sarà effettivamente messo in atto prima del 2021, anche perché Nectome non dispone ancora di un metodo effettivo per risvegliare i dati neuronali che memorizza.

    Non esiste un lasso di tempo che la MIT abbia indicato, per fornire a un cervello conservato qualcosa che si avvicini alla capacità di interagire con il mondo esterno.

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