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    Solidarietà mondiale

    Esperti forensi internazionali indagano sulla strage di Westgate insieme alle forze keniote

    Di Laura Lisanti
    Pubblicato il 26 Set. 2013 alle 10:48 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 22:52

    Mentre continuano i funerali delle 67 vittime della strage del centro commerciale di Westgate a Nairobi, un gruppo internazionale di esperti forensi è giunto in aiuto alle autorità keniote per le indagini sul luogo della tragedia. Partecipano gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Germania, il Canada e il team di Reazione agli Incidenti dell’Interpol.

    Il ministro keniota dell’Interno, Joseph Ole Lenku, ha detto che gli esperti stanno elaborando i dati relativi ai DNA, alle impronte digitali e agli indizi balistici ritrovati nel centro Westgate. Il ministro ha aggiunto che per svolgere tutte le procedure necessarie e avere i primi risultati dell’indagine ci vorranno almeno sette giorni. Ha poi confermato che 5 militanti di al-Shabab sono stati ritrovati morti e che c’è la possibilità di trovare altri corpi sotto le macerie del centro commerciale, ma il numero delle vittime non dovrebbe aumentare.

    Si cerca di stabilire l’identità degli attentatori, tutti militanti delle milizie islamiste ai al-Shabab. Tra questi sembrerebbe esserci anche una donna, ma anche per la conferma si attende la perizia del gruppo internazionale di esperti forensi. Intanto, mercoledì sono iniziati i tre giorni di lutto nazionale in Kenya. Bandiere a mezz’asta in tutto il Paese per commemorare i civili uccisi.

    Il gruppo islamista somalo al-Shabab, legato ad al-Qaeda, ha rivendicato l’attacco come risposta all’intervento keniota nelle operazioni militari in Somalia. L’esercito del Kenya è attivo con circa 4000 soldati nella parte meridionale del Paese, dove al-Shabab tenta di creare uno stato islamico opponendosi al governo. Dal 2011, la missione dell’Unione Africana, di cui il Kenya è partecipe, sostiene la Somalia contro i militanti islamici. Più volte, al-Shabab aveva minacciato il governo di Nairobi di attaccare in territorio keniota se le sue truppe non avessero abbandonato la Somalia.

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