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    Siria, cronaca di un sequestro

    Tre giornalisti vengono rapiti ad Aleppo e rilasciati incolumi poco dopo. Un episodio che fa emergere le lotte intestine dentro l'opposizione siriana

    Di Angelo Attanasio
    Pubblicato il 5 Feb. 2013 alle 18:11 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 23:01

    Siria cronaca di un sequestro

    Yalla! Yalla! Vi ammazziamo tutti”. Volti coperti, kalashnikov spianati, lo scorso 22 gennaio una dozzina di uomini armati sequestravano nel quartiere Izaa di Aleppo il documentarista ungherese Balint Szlanko, il fotografo spagnolo Andoni Lubaki e il giornalista messicano Témoris Grecko. Li ammanettarono, li bendarono e li portarono in uno scantinato. Spogliati di tutto: macchine fotografiche, telefoni, taccuini. Perfino le scarpe. Dopo 12 ore di mezze frasi e risposte vaghe, li caricarono su un furgone e li scaricarono in un luogo isolato. Scalzi, intirizziti e con gli occhi coperti. Senza sapere neanche chi li avesse presi, alcuni di loro aspettavano già la scarica di mitra. E invece i loro rapitori risalirono sul furgone, lasciandoli nella notte di Aleppo.

    “Erano combattenti dell’Esercito di Liberazione Siriano (Els) e il nostro sequestro è emblematico di quello che sta succedendo nel Paese”, spiega Témoris Grecko, inviato di guerra e profondo conoscitore dei conflitti scoppiati negli ultimi anni nei Paesi arabi. Tornato da pochi giorni a Barcellona dopo che l’ambasciatore messicano si è mobilizzato per farlo uscire dalla Siria, Grecko descrive la sua esperienza e offre una prospettiva della situazione della guerra civile. “Il conflitto è giunto in un vicolo cieco e si è trasformato in una guerra di logoramento. L’opposizione a Assad è condotta da una miriade di gruppi grandi e piccoli, le katiba, che combattono sotto l’ombrello dell’Els, ma perseguendo molto spesso un interesse proprio”.

    Il sospetto, infatti, è che il sequestro sia stato organizzato da una fazione rivale del gruppo Liwa-al-Tawhid, uno dei più importanti dell’Els, e a cui apparteneva il traduttore dei tre giornalisti, per danneggiarlo nella lotta per il potere della cupola militare. “Non c’è una struttura unificata, una gerarchia definita. Pertanto le varie fazioni competono tra di loro per raggiungere una posizione preminente. Inoltre, l’Els non ha armi e munizioni sufficienti. Ha fatto piccoli passi avanti, ma i fronti sono stabili. Perché l’opposizione non ha la capacità di assestare grossi colpi, e il governo non ha la forza per riconquistare i territori perduti”, aggiunge Grecko.

    Il regime di Assad, che è appoggiato dall’Iran, da Hezbollah e dalla Russia, sta cercando di logorare gli insorti bombardando in maniera costante e indiscriminata la popolazione civile. È sufficiente camminare tra le strade di Aleppo per rendersene conto, dove i cecchini appostati tra le macerie finiscono il lavoro dell’aviazione sparando su qualsiasi cosa che si muova”. Il 29 gennaio scorso 108 corpi di uomini legati e con un foro di pistola nel cranio furono trovati in un quartiere di Aleppo vicino a quello del sequestro di Grecko. I cadaveri erano stati trascinati dalle acque di un canale che parte nella zona della città controllata dal regime.

    “Questo non è l’unico massacro avvenuto. Purtroppo vengono eseguiti in zone in cui è quasi impossibile per un giornalista straniero addentrarsi, per l’altissimo rischio di sequestro o omicidio. Pertanto se ne ha notizia solo tramite la gente del luogo che ne scrive o fa un video, ma non è possibile verificare in maniera indipendente quelle informazioni”. In effetti, dall’inizio della guerra, nel marzo del 2011, almeno 22 giornalisti e 55 cittadini che informavano dai luoghi delle battaglie sono stati uccisi. Solo nel mese scorso, sono morti sette reporter.

    Le incognite politiche poi rendono ancora più incerto lo scenario. Non si hanno notizie certe di quello che sta succedendo politicamente all’interno del regime, nè del vero ruolo di Bashar al-Assad. “Molti sospettano che a manovrarlo sia la cerchia di politici e militari del regime. Alcuni Paesi come l’Arabia Saudita hanno offerto ad Assad e alla sua famiglia un esilio dorato. Ma non glielo permetteranno mai: si aggrappano al regime perché, se cadesse, il loro destino sarebbe segnato. Farebbero una fine peggiore di quella di Gheddafi”.

    L’altra incognita riguarda le lotte intestine tra le varie fazioni dell’Els. Ci sono stati già vari omicidi mirati di alcuni leader dei diversi gruppi da parte dei loro nemici interni. E si inizia a guardare con sempre più sospetto i 5 mila combattenti di Jabhat-al-Nusra, il gruppo islamista finanziato con i petrodollari dei regimi wahabiti del golfo, dalla stessa rete, cioè, che finanzia al-Qaeda. “Jabhat-al-Nusra è la milizia più efficace sul piano militare e non fa parte dell’Els. Ha armi e risorse economiche che gli altri non hanno. E l’enorme motivazione e organizzazione dei suoi combattenti causano molta invidia”.

    Grecko sta per partire per l’Egitto, dove ha già raccontato l’alba della primavera araba da Piazza Tahrir. Ma, prima di andar via, conclude: “È probabile che con il nostro sequestro ci siamo ritrovati in mezzo a questioni che non ci riguardano. Come è già succeso tante volte nella storia, le rivoluzioni si mangiano i loro figli”.

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