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    I Sioux vogliono fare causa a Trump per l’autorizzazione dell’oleodotto in Nord Dakota

    I nativi americani annunciano battaglia legale contro l'ordine esecutivo del presidente statunitense, perché non rispetta i loro diritti e mette a rischio l'ambiente

    Di TPI
    Pubblicato il 31 Gen. 2017 alle 16:35 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 02:02

    La prima parziale vittoria le tribù dei Sioux l’avevano riportata il 5 dicembre 2016, dopo mesi di proteste per contrastare la realizzazione di un oleodotto che avrebbe dovuto attraversare i loro territori in Nord Dakota.

    Sotto l’amministrazione guidata da Barack Obama il progetto era stato sospeso, in seguito ai rilievi effettuati dagli ingegneri dell’esercito nell’area di riferimento. Da qui la decisione di bocciare il percorso previsto per la realizzazione della struttura e la proposta di esaminare alternative. I membri della tribù dei Sioux della riserva Standing Rock, situata a poche centinaia di metri dal luogo indicato per la costruzione dell’oleodotto, avevano definito “storica” questa decisione, esprimendo la loro “gratitudine eterna”. 

    A pochi mesi di distanza la situazione rischia di peggiorare di nuovo, dopo l’annuncio di Donald Trump di rispolverare la realizzazione della struttura, chiamata Dakota Access Pipeline. Martedì 24 gennaio, Trump ha firmato due ordini esecutivi che autorizzano la costruzione di due controversi oleodotti, il Keystone in Colorado e il Dakota Access Pipeline in Nord Dakota, nelle terre considerate sacre dai nativi americani. 

    Subito dopo la firma si sono scatenate le reazioni indignate degli ambientalisti e dei residenti nell’area interessata. Jan Hasselman, l’avvocato difensore delle tribù dei Sioux, ha dichiarato che le tribù coinvolte stanno valutando azioni legali contro quest’ordine esecutivo nel tentativo di far valere la decisione del genio militare. 

    L’oleodotto, lungo oltre 1800 chilometri, attraversa quattro stati e ha lo scopo di abbattere i costi per il trasporto del greggio estratto nel Nord Dakota, alla frontiera con il Canada, fino all’Illinois, nel sud degli Stati Uniti. La sua costruzione è praticamente ultimata, fatta eccezione per la parte contestata. 

    In un lungo comunicato stampa pubblicato poche ore dopo la firma di Trump, la tribù dei Sioux di Standing Rock ha espresso profonda indignazione e preoccupazione per gli effetti sull’ambiente della decisione del presidente. Il timore maggiore riguarda la fuoriuscita di petrolio, che potrebbe inquinare l’acqua potabile nel fiume Missouri, e la minaccia che l’infrastruttura possa costituire per i siti culturali dei nativi americani. 

    “Il presidente Trump è tenuto per legge a rispettare i nostri diritti sanciti dai trattati e impegnarsi nella realizzazione di un progetto equo e ragionevole”, ha scritto Dave Archambault II, presidente della tribù dei Sioux di Standing Rock. “Gli americani conoscono questo oleodotto che è stato ingiustamente deviato verso la nostra nazione e senza il nostro consenso. Il tracciato dell’oleodotto rischia di violare i nostri diritti, contaminare la nostra acqua e quella di 17 milioni di americani a valle”. 

    Il genio militare americano ha respinto il progetto del Dakota Access Pipeline alla fine del 2016, sostenendo che l’agenzia incaricata di effettuare i rilievi ambientali non era riuscita a valutare pienamente gli impatti dell’oleodotto nelle aree intorno alla riserva di Standing Rock. Inoltre il dipartimento federale si era impegnato a svolgere un’altra analisi ambientale completa del valico che passa non lontano dal fiume Missouri e valutare siti alternativi, proteggendo in tal modo l’habitat naturale delle tribù. 

    Tuttavia, i risultati di queste analisi ambientali sono state aggirate con l’attuale ordine esecutivo, che permettere di riprendere immediatamente la realizzazione del progetto.

    Per quanto riguarda l’ipotesi che la costruzione del Dakota Access Pipeline includesse anche un aumento del numero di posti di lavoro, i leader tribali hanno risposto in questo modo a Trump. “L’oleodotto contribuisce a creare solo un totale di 15 posti di lavoro permanenti in Nord Dakota, mentre un suo reindirizzamento altrove proteggerebbe l’acqua delle tribù, ma contribuirebbe a creare centinaia di posti di lavoro”, ha sottolineato Archambault. 

    Inoltre il portavoce della tribù dei Sioux ha precisato che il problema che affligge maggiormente i residenti è il timore che l’oleodotto possa registrare delle perdite di greggio, inquinando così l’acqua. “Ciò non è così improbabile. Una delle società americane coinvolte nel progetto, la Sunoco, ha un record di segnalazioni per quanto concerne la scarsa sicurezza e la superficiale prevenzione verso i suoi oleodotti ed eventuali perdite di petrolio”. 

    Sulla base dei dati forniti dalla Pipeline and Hazardous Materials Safety Administration (Phmsa) – un ente governativo che si occupa di sviluppo e di controllo dei materiali pericolosi e la sicurezza – sono state segnalate in media circa 200 perdite di greggio all’anno. Nell’ultimo mese, nella parte occidentale del North Dakota, sono stati sversati oltre 600mila litri di petrolio. 

    “Questa decisione ha essenzialmente un ritorno politico”, si legge nella parte finale del comunicato. “Con questa concessione Trump rischia di non rispettare i nostri diritti sanciti dai trattati e il nostro approvvigionamento idrico, operando solo a beneficio dei suoi ricchi contribuenti e dei suoi amici coinvolti nel progetto. Noi non siamo contrari all’indipendenza energetica, siamo solo contrari ai progetti di sviluppo sconsiderato e animato solo da ragioni politiche che non tengano conto delle nostre necessità”.

    Qui è disponibile il contenuto del comunicato stampa.

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