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    Sei persone hanno passato un anno chiusi in una tenda per simulare una missione su Marte

    Sei scienziati della NASA il 28 agosto sono usciti all’aperto dopo un anno intero passato in isolamento al fine di scoprire come si reagisce a questa condizione

    Di TPI
    Pubblicato il 8 Set. 2016 alle 17:22 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 02:42

    365 giorni senza uscire da una stanza di circa cento metri
    quadrati, eccetto qualche sporadica passeggiata nei dintorni: non si tratta di
    ergastolani condannati al carcere duro, ma di sei scienziati della NASA che il
    28 agosto sono definitivamente usciti all’aperto dopo un anno intero passato in
    isolamento.

    I sei (tre uomini e tre donne) erano i principali
    protagonisti di un esperimento dell’agenzia spaziale statunitense volto a
    simulare nel modo più accurato possibile l’eventualità di un viaggio su Marte,
    e quindi la necessità per gli astronauti coinvolti di vivere per molto tempo in
    condizioni che metterebbero alla prova lo stato psicofisico di chiunque.

    Per la simulazione è stata utilizzata una cupola geodetica di
    circa 11 metri di diametro poggiata tra le montagne vulcaniche di Manua Loa, nelle
    isole Hawaii, che a quanto pare sono il luogo sulla Terra più simile al
    paesaggio di Marte. Gli scienziati che hanno partecipato al progetto potevano
    uscire dalla cupola solo abbigliandosi con una tuta spaziale, e i loro unici
    contatti consistevano in un sistema di messaggistica in differita.

    (Qui e in basso, alcune immagini della missione NASA. Credit: University of Hawai‘i News)

    “Venivamo a sapere solo attraverso resoconti altrui, e
    dopo i fatti, degli attacchi terroristici, di persone che morivano e di tutte
    queste cose terribili, quindi era inquietante sentirne parlare, ma non potevamo
    fare nulla, siamo rimasti bloccati nella cupola senza essere in grado di
    aiutare in nessun modo”, ha dichiarato il comandante della missione Carmel
    Johnston.

    Uno dei membri del gruppo, Sheyna Gifford, ha perso sua
    nonna mentre partecipava all’esperimento: “Ho detto addio a mia nonna tramite
    un messaggio video in differita”, ha dichiarato all’Huffington Post.
    “È
    qualcosa che nessuno vorrebbe dover fare”.

    Si tratta della più lunga simulazione di un viaggio spaziale
    mai condotta negli Stati Uniti (a livello mondiale il record appartiene al
    programma russo-europeo Mars 500, del 2007, con 520 giorni), e nonostante
    questo il tempo speso è comunque inferiore alle più ottimistiche previsioni
    riguardo a un eventuale futuro viaggio di andata e ritorno dal Pianeta Rosso.

    “Lo scopo del progetto è quello di scoprire tutto ciò
    che può andare storto prima che vada effettivamente storto”, ha
    sintetizzato Johnston. Vista la situazione così anomala, la possibilità di
    derive verso l’instabilità mentale è forte, e la NASA vuole sapere in anticipo
    come prevenirle.

    Ora che sono “sulla Terra”, i sei membri dell’esperimento
    trascorreranno i prossimi giorni a ricalibrare la loro routine, recuperando il
    tempo perduto con gli amici e la famiglia e parlando finalmente con tutti
    quelli che non hanno avuto modo di sentire per un anno intero. Come ha detto uno
    dei “finti astronauti: “ogni nuova faccia o nuova voce è un po’ come un piccolo
    regalo, a questo punto”.

    Questo il video che documenta l’uscita dei sei scienziati dopo un anno, ripreso dalle camere di University of Hawai‘i News:

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