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    Spie, kalashnikov e montagne di soldi: la vita da romanzo dell’oligarca Sergej Chemezov

    Credit: Reuters
    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 31 Mar. 2022 alle 13:23 Aggiornato il 31 Mar. 2022 alle 13:24

    Come per tutti gli oligarchi della selvaggia Russia post-sovietica, la vita di Sergej Chemezov assomiglia a un romanzo. Nel suo caso la trama è scandita da pugni, rubli e kalashnikov. La scenografia è quasi sempre grigia – dalla Siberia a Mosca passando per la Germania Est – e tra un cablogramma del Kgb e una società offshore dove nascondere un malloppo di quattrini, spuntano personaggi come Donald Trump e l’italiano Marco Tronchetti Provera. E poi ovviamente lui: l’uomo che ha reso tutto questo possibile, Vladimir Putin.Il leader del Cremlino e Chemezov si conoscono dagli anni Ottanta, quando entrambi erano a Dresda come agenti dei servizi segreti comunisti: vivevano nello stesso condominio e capitava spesso che cenassero insieme con le rispettive mogli.

    Oggi, a quarant’anni di distanza, le due signore non sono più al loro fianco. Sergej e Vladimir, invece, non si sono mai lasciati: il loro è un patto di ferro. Chemezov, 70 anni, è amministratore delegato di Rostec, colosso statale degli armamenti cui fanno capo ben 700 aziende e oltre 400mila dipendenti. Le sanzioni occidentali lo hanno colpito già nel 2014, ai tempi dell’occupazione della Crimea. Ma ora, con l’invasione dell’intera Ucraina, sono state bersagliate anche la sua attuale moglie, il suo primo figlio Stanislav e la sua figliastra Anastasia, docente universitaria, a cui è intestato il mega-yacht di famiglia “Valerie” – 85 metri di lunghezza, 150 milioni di dollari di valore – sequestrato pochi giorni fa dalle autorità spagnole a Barcellona.

    Lo scorso ottobre, dall’inchiesta giornalistica sui Pandora Papers, è emerso che Chemezov e i suoi famigliari sono titolari di ricchezze per oltre 400 milioni di dollari depositate in paradisi fiscali. Sua moglie, Ekaterina Ignatova, ingegnere, 16 anni in meno di lui, ha fondato una società che produce cambi automatici e ora possiede una catena di ristoranti di nome Étage. Lei e Sergej sono sposati dal 2004, quando l’oligarca ha divorziato dalla prima consorte, Lyuba, con cui era stato per oltre trent’anni, dall’adolescenza alla maturità.

    I due si erano conosciuti a Cheremkhovo, la città natale di Chemezov, sulla ferrovia transiberiana, non molto distante dal confine con la Mongolia. Origini umili, il ragazzo praticava pugilato e aveva un carattere focoso che lo portava di frequente a trovarsi in mezzo a violente risse per strada. Nel 1975 si laurea in Economia, poi lavora per qualche anno all’Istituto di ricerca sui metalli rari di Irkutsk, vicino casa. Alla fine degli anni Settanta viene arruolato dal Kgb, che – dopo averne testato le qualità – lo spedisce nella Germania orientale per l’operazione di spionaggio industriale denominata “Luch”. È qui che stringe amicizia con Putin. Quando crolla il Muro di Berlino, Chemezov è già rientrato in patria per prendere il comando di Sovintersport, ente statale che gestisce la partecipazione degli atleti sovietici a eventi sportivi all’estero. Leggenda narra che proprio in quegli anni inizia ad accumulare il proprio tesoretto facendo la cresta sulle commissioni pagate dagli occidentali. Nel 1987 anche Donald Trump si rivolge a lui nella speranza di portare sul ring del suo mega-hotel ad Atlantic City un pugile sovietico come il celebre Ivan Drago del film Rocky IV.

    L’operazione non va in porto, ma in compenso Trump organizza una corsa ciclistica itinerante – il “Tour de Trump” – a cui Chemezov invia un gruppo di corridori russi. Con l’ascesa al potere di Putin, il protagonista del nostro romanzo viene investito di diversi incarichi di alto livello, prima istituzionali (presidente del Dipartimento per le relazioni economiche estere) e poi manageriali (amministratore delegato dell’Agenzia statale dell’export). Entra nel Consiglio supremo del partito di Putin, Russia Unita. E dal 2007 è alla guida del gigante della Difesa Rostec, nel cui catalogo infinito di armamenti spicca il fucile d’assalto più famoso del mondo, il Kalashnikov.

    L’azienda ha anche una joint venture con l’italiana Pirelli, il cui vicepresidente Tronchetti Provera è stato più volte fotografato proprio al fianco di Chemezov. Ma Rostec fornisce pure le armi con cui l’Armata russa sta mettendo a ferro e fuoco l’Ucraina. E per questo è stata sanzionata dall’Unione europea e dagli Usa (il che ha costretto Pirelli a cambiare socio, stringendo un accordo con Nirr, che peraltro è controllata al 100% dalla stessa Rostec). Chemezov però non teme l’embargo: «Se si guarda alla storia – fa notare – la Russia ha già combattuto con diverse sanzioni e con nemici che l’hanno accerchiata. E ne è sempre uscita vincitrice. Anche stavolta andrà così».
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