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    Cosa succederà a Scozia e Irlanda del Nord dopo la Brexit

    Bruxelles ha apertamente lamentato che ancora Londra, dopo mesi dalla notifica di abbandono, non abbia mosso dei passi concreti

    Di Maurizio Carta
    Pubblicato il 14 Ago. 2017 alle 11:34 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:54

    Secondo le ultime dichiarazioni da parte del ministro per la Brexit, David Davis, non dovrebbero tardare ad arrivare le proposte che concretamente il Regno Unito metterà sul tavolo dei negoziati per la Brexit.

    Cosa non da poco conto considerato che Bruxelles, per voce del suo incaricato ai negoziati Michel Barnier, ha apertamente lamentato che ancora Londra, dopo mesi dalla notifica di abbandono, non abbia mosso dei passi concreti.

    Intanto si fanno sentire sempre più forti le voci degli anti-Brexit, o coloro che quantomeno auspicano una versione soft del divorzio tra Londra e Bruxelles.

    Nomi prominenti sono quelli di Vincent Cable, navigato leader dei Liberal-democratici, da sempre pro-Ue, e l’ex Ministro degli Esteri laburista David Milliband, che ha suggerito un secondo referendum sull’eventuale modalità di uscita dalla Unione una volta terminati i lavori.

    Se i negoziati sul fronte di Bruxelles riprenderanno il 28 agosto, sul fronte interno non mancano le discussioni su quello che dovrà essere l’assetto fra le mura domestiche su due grandi temi: la Scozia e il confine con la Repubblica d’Irlanda.

    La Scozia teme che una volta che Londra avrà ripreso pieni poteri da Bruxelles, possa essere spogliata delle innumerevoli competenze che la devolution del 1997 gli aveva attribuito, quando allora al numero 10 di Downing Street vi era il laburista Tony Blair.

    Fra le questioni che scottano anche la compensazione dei mancati introiti dei fondi europei di cui la Scozia ha largamente beneficiato negli anni, somme di cui Londra dovrebbe farsi carico.

    Per quanto concerne invece il confine con la Repubblica d’Irlanda, l’obiettivo, anche stando alle ultime indiscrezioni, sarebbe quello di ottenere una zona di libero transito con l’Irlanda del Nord, una sorta di “Area Schengen” limitata a quel particolare confine europeo.

    Anche per parte europea potrebbe esserci un buon margine di trattativa, considerato che la Repubblica irlandese sarebbe troppo svantaggiata per quanto faccia affidamento con i “cugini” britannici per i suoi rapporti commerciali.

    Un confine tracciato nel lontano 1921, dove ogni giorno oltre 30mila persone transitano per lavoro. Quasi quattrocento chilometri attraverso i quali si genera un giro d’affari fatto di scambi commerciali da oltre 3 miliardi di sterline.

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