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    Il mistero della 14enne scomparsa, orrore al processo: “È stata fatta a pezzi e servita nel kebab”

    Credit: Getty Images

    Charlene Downes è scomparsa 15 anni fa da una cittadina della Gran Bretagna. Nel tempo diverse ipotesi sulla sua scomparsa, tutte rivelatesi infondate

    Di Cristiana Mastronicola
    Pubblicato il 31 Ott. 2018 alle 08:16 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:25

    Dopo 15 anni i genitori di Charlene Downes ancora non hanno saputo la terribile sorte toccata alla figlia 14enne, sparita nel nulla il 1 novembre del 2003 da Blackpool, in Gran Bretagna.

    Durante il processo, poi giudicato illegittimo, erano emersi dettagli inquietanti sulla fine della giovane: la 14enne dopo essere stata uccisa, secondo le indagini, sarebbe stata fatta a pezzi e servita come carne per kebab.

    Come raccontanto i genitori Karen Downes e suo marito Bob, Charlene era una ragazzina particolarmente ribelle, soprattutto nei confronti della madre e del padre. A pochi giorni dalla scomparsa, Bob Downes fu arrestato dalla polizia: nell’abitazione dell’uomo erano stati rinvenuti dei documenti intestati a una certa Martina Peters.

    La mamma di Charlene, inoltre, aveva trovato dei vestiti da donna nell’armadio del marito, oltre a una parrucca e una boccetta di smalto per unghie rosso. Bob Downes aveva a quel punto confessato alla moglie la sua doppia vita: da qualche anno, infatti, l’uomo si travestiva.

    La polizia trattenne Bob sospettando che l’uomo avesse ucciso la figlia dopo essere stato scoperto. “Bob era un padre di famiglia, serio e forte, che amava bere un paio di birre al pub. Non lo riconoscevo più, ma sapevo che stava davvero male per nostra figlia e ho sempre saputo che non poteva essere l’assassino”, spiega la moglie Karen.

    Ma l’uomo per mesi fu bersaglio di insuti e invettive – e in alcuni casi anche minacce – da parte di chi lo considerava un deviato e un assassino.

    Le indagini, però, hanno fatto sì che l’uomo venisse scarcerato, mentre a finire sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti furono una decina di sospettati, ma nessuno di loro era stato ritenuto responsabile della scomparsa di Charlene. Nel 2006 la polizia aveva reso noto ai genitori della 14enne che, nonostante il corpo non fosse stato ancora rinvenuto, la figlia era da considerarsi morta e il caso chiuso.

    Nel 2007 invece Iyad Albattikhi, proprietario di un locale che vende kebab, e Mohammed Reveshi erano stati imputati con l’accusa di aver assassinato Charlene. Ma non solo: secondo le indagini, i due l’avevano fatta a pezzi e servito la sua carne nel locale di Albattikhi.

    In realtà, quelle accuse erano basate su vere e proprie illazioni avanzate da alcuni sedicenti testimoni oculari. Il processo, che aveva creato non poco scalpore, si concluse con l’assoluazione dei due, ma sulla fine di Charlene nessuna novità.

    “Quando ho sentito per la prima volta che mia figlia era stata servita come carne per il kebab, sono quasi svenuta e sono scappata in bagno a vomitare”, ha riferito Karen. “Sapevo che mia figlia era una ribelle e che la stavamo perdendo, ma non potevo certo immaginare che facesse una fine del genere”, ha continuato la donna.

    Le indagini erano state condotte, però, in maniera approssimativa e il processo infatti decadde. Le illazioni attorno al caso della 14enne però continuarono.

    Secondo altre indagini, diversi mesi prima di scomparire Charlene avrebbe iniziato a prostituirsi per alcuni membri di una banda di criminali asiatici. Ad avallare tale tesi il fatto che la giovane più di una volta avesse frequentato un consultorio.

    I genitori della giovane si ritrovarono ancora al centro di una vera e propria bufera mediatica, ma anche in quel caso le accuse erano basate solo su voci, mai confermate. Anche quel processo si rivelò inutile per capire che fine avesse fatto Charlene, mentre le cose a casa peggiorarono.

    “Mio marito ricominciò a bere e a travestirsi, una sera, accecata dalla rabbia, l’ho ferito con un pelapatate. La nostra famiglia era stata colpita da un grande dolore, ma il mondo continuava a rivolgersi contro di noi”, racconta ancora Karen.

    “Ci sentivamo vittime impotenti della cattiveria del mondo, anche frustrati dalla vicenda di Maddie McCann: i loro genitori, che a differenza nostra sono benestanti e acculturati, avevano avuto una ribalta mediatica senza precedenti, mentre noi subivamo solo i pregiudizi della gente senza avere la giustizia che meritavamo”, continua la donna.

    Ma a far soffrire ancora di più Karen e Bob è la consapevolezza di non aver avuto un buon rapporto con la figlia prima che sparisse. “Era diventata ribelle ancora prima di diventare adolescente, era cambiata profondamente e ci respingeva. Questo però non significa che meritava di morire”, continua la donna.

    “La polizia ci ha assicurato che continuerà a concentrarsi sul caso, noi ora andiamo avanti, anche perché l’amore dei nostri nipotini, i figli delle sorelle di Charlene, un po’ ci solleva da tutto questo dolore”.
    Per Bob la storia ha avuto un impatto ancora più traumatico: “Sono stati anni terribili, ho sofferto molto anche perché mi sentivo in colpa per il dolore extra causato dai miei problemi con la dipendenza dall’alcol e con la mia doppia personalità, un peso che mi porto da quando siamo sposati. Ho provato a reprimerla, ma non ci sono mai riuscito”.

    Charlene è scomparsa nel nulla, nel tempo si sono susseguite ipotesi e arresti, tutti buchi nell’acqua, ma la mamma continua a sperare. “Io ogni tanto mi concentro a sentire i rumori che provengono dall’esterno della nostra casa. Mi aspetto sempre che, da un momento all’altro, Charlene apra la porta e dica: ‘Mamma, sono a casa’”, ha raccontato commossa.

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