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    Rissa nucleare

    Durante l'accesa discussione sull'apertura di una centrale nucleare i parlamentari di Taiwan sono arrivati alle mani

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 2 Ago. 2013 alle 12:49 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 16:03

    I parlamentari di Taiwan sono arrivati alle mani. Stavano discutendo di un possibile referendum sull’apertura della quarta centrale nucleare nel Paese – che si trova in una zona a forte rischio sismico – quando lo scontro verbale è degenerato in scontro fisico, con annessi calci e pugni. Ci sono stati lanci di bottiglie e altri oggetti e alcuni parlamentari hanno cercato anche di barricarsi all’interno dell’aula.

    Il Partito Nazionalista Cinese (Kuomitang), che ha la maggioranza, ritiene che la prosecuzione dei lavori di completamento dell’impianto nucleare, nel nord dell’isola, sia indispensabile per consentire al Taiwan di mantenere la sua indipendenza energetica dall’estero.

    Al contrario il Partito Democratico Progressista (Pdp) si oppone all’apertura dell’impianto per questioni di sicurezza. Così ieri i suoi rappresentanti hanno occupato i banchi della presidenza impedendo di fatto al presidente Wang Jing-pyng di proseguire la seduta, la quale avrebbe altrimenti condotto all’approvazione del referendum grazie alla larga maggioranza su cui può contare il Kuomintag.

    Erano presenti anche una decina di attivisti in maglietta gialla sgargiante, che stavano assistendo alla seduta dall’alto, e incitavano i parlamentari cantando e facendo segnali con le braccia. Alcuni di loro hanno gettato dell’acqua sui deputati.

    La centrale è in costruzione dal 1997, ma i lavori sono stati interrotti tra il 2000 e il 2008, quando il Pdp era al governo. Adesso l’impianto è completo al 90 per cento e secondo la Taiwan Power Company, la società statale che si occupa del progetto, esso sarà funzionante dal 2015.

    Negli ultimi mesi ci sono state diverse proteste contro il completamento della centrale. I dubbi sono sorti a partire dal 2011, quando la centrale di Fukushima in Giappone è stata colpita da uno tsunami che ha causato il collasso del sistema di raffreddamento. Lo scorso marzo circa 70 mila persone hanno manifestato nelle principali città del Taiwan per chiedere la sospensione dei lavori.

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