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    Rio 2016, il team dei maratoneti keniani abbandonati in una favela

    La denuncia è arrivata via Twitter da un atleta della squadra, che ha descritto la situazione di pericolo vissuta in una delle zone malfamate di Rio

    Di TPI
    Pubblicato il 28 Ago. 2016 alle 00:08 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 22:49

    Hanno trionfato ai Giochi Olimpici di Rio de Janeiro conquistando ben sei medaglie d’oro solo nell’atletica, ma il rientro a casa della squadra olimpica del Kenya non è stato idilliaco. Lo ha raccontato il capitano della squadra, Wesley Korir su Twitter. 

    Una volta calato il sipario sulla manifestazione sportiva internazionale, la squadra si accingeva a ripartire dalla capitale brasiliana alla volta del Kenya con un volo low cost, ma per la mancanza di disponibilità di voli gli atleti sono stati costretti a rimanere temporaneamente a terra per quattro giorni. Qui è iniziata la loro odissea. 

    Con il villaggio olimpico chiuso, gli atleti sono stati collocati in strutture fatiscenti situate in una delle zone più pericolose della città, dove gli spari erano all’ordine del giorno, mentre i dirigenti del Comitato olimpico nazionale viaggiavano in business class per rientrare in patria quanto prima e prendersi tutti gli onori delle fatiche altrui. 

    Wesley Korir ha documentato le condizioni che tutto il team ha dovuto subire su una serie di post su Twitter. “la miglior squadra in Africa e la seconda migliore in tutto il mondo dell’atletica trattata in questo modo”, ha scritto Korir sul suo account.

    A Rio ci sono dovuti stare per quattro giorni e tre notti, ha raccontato il maratoneta plurimedagliato, e questo breve video postato su Twitter mostra la situazione precaria che hanno dovuto vivere. 

    E se Kerir sui social media raccontava in maniera capillare quanto accadeva nella zona malfamata di Rio, i vertici del Comitato olimpico rientrati in patria sono stati raggiunti da una lettera di licenziamento da parte del governo di Nairobi, con l’accusa di non aver garantito dei servizi adeguati al proprio team. 

    Ma la spedizione a Rio de Janeiro – al di là dei lodevoli risultati sportivi – è stata un disastro sotto diversi fronti.

    Il team manager Michael Rotich è stato espulso per aver accettato mazzette in cambio di aiuti per evitare i test anti-doping. Un altro dirigente è stato rispedito a casa dopo aver usato i documenti di un atleta, spacciandosi come mezzofondista pur di ottenere l’accesso a una prima colazione gratuita.

    Inoltre, i kit forniti dalla Nike alla squadra per gli allenamenti sono stati quasi tutti rivenduti dai responsabili – almeno secondo fonti non ufficiali – per arrotondare i benefici della trasferta. 

    Non sono mancati gli atleti che hanno deciso di rifiutare l’invito a partecipare ai festeggiamenti ufficiali in segno di protesta, come Eliud Kipchoge, oro nella maratona, l’unico a essere rientrato prima a casa dopo essersi pagato di tasca propria il viaggio. 

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