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    Riforme prima delle elezioni

    Decine di migliaia di manifestanti a Bangkok chiedono le dimissioni del primo ministro e l'immediata riforma del sistema politico

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 23 Dic. 2013 alle 09:33 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 16:31

    Hanno circondato lo stadio dove i candidati erano tenuti a registrarsi per le elezioni politiche di febbraio, tentando di impedire loro l’accesso. Sono decine di migliaia le persone che protestano in Thailandia chiedendo le dimissioni della donna a capo del governo, Yingluck Shinawatra, che il 9 dicembre ha sciolto il Parlamento e chiesto le elezioni politiche anticipate per porre fine alle proteste, ma senza successo.

    Nonostante il blocco, i candidati sono riusciti a registrarsi in una stazione di polizia locale, prima che la folla giungesse anche lì. La richiesta dei manifestanti è quella di nominare un governo ad interim che si occupi di riformare il sistema politico e – solo in un secondo momento – recarsi alle urne. Andare al voto a febbraio significherebbe infatti molto probabilmente una nuova vittoria per Yingluck Shinawatra, attuale primo ministro e sorella di Thaksin Shinawatra, politico e magnate thailandese delle comunicazioni in esilio forzato dopo il colpo di stato del 2006.

    Il partito della famiglia Shinawatra – al potere dal 2001 – ha vinto le elezioni nel 2011 grazie al forte appoggio della popolazione rurale thailandese, conquistato attraverso politiche populiste che hanno portato l’assistenza sanitaria gratuita, prestiti a basso costo e altri benefici per le zone di campagna a lungo trascurate. Ma i manifestanti vedono Yingluck Shinawatra come un burattino nelle mani del fratello Thaksin, un capitalista autoritario che avrebbe sfruttato la democrazia per cementare il suo potere e elargire favori ai suoi amici e familiari.

    Intanto il principale partito di opposizione ha annunciato lo scorso sabato che boicotterà le elezioni ritenendo che un’eventuale partecipazione avrebbe legittimato un sistema democratico distorto da chi è al potere. Ma questa scelta e ha alimentato la campagna per rovesciare il governo e accresciuto l’incertezza circa il futuro politico del Paese.

    L’instabilità politica ha portato finora la moneta thailandese – il baht – a perdere il 4.9 per cento negli ultimi due mesi, mentre il principale indice azionario è sceso del 9.1 per cento. “Gli investitori non compreranno il baht thailandese se la situazione politica continua”, ha detto Kozo Hasegawa, un operatore finanziario della Sumitomo Mitsui Banking Corporation a Bangkok. Una prospettiva che spaventa la Thailandia, attualmente la seconda più grande economia del sudest asiatico dopo l’Indonesia.

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