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    La Birmania si oppone all’indagine Onu sulle violenze contro i rohingya

    Credit: Soe Zeya Tun

    La leader birmana Aung San Suu Kyi ha dichiarato che non farà entrare nel paese gli investigatori delle Nazioni Unite. E nega “la pulizia etnica” contro la minoranza musulmana

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 3 Lug. 2017 alle 12:45 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 19:25

    La Birmania respingerà l’ingresso nel paese ai membri delle Nazioni Unite che stanno indagando sulle presunte violenze messe in atto nel paese contro la minoranza musulmana dei rohingya.

    Lo hanno reso noto le autorità del governo di Aung San Suu Kyi. Ad aprile 2017 la leader birmana ha negato pubblicamente che quella messa in atto contro la popolazione rohingya possa essere definita “pulizia etnica”, parlando di falsa notizia e propaganda politica.

    Il suo governo ha rifiutato di cooperare con la missione delle Nazioni Unite, che agisce sulla base di una risoluzione adottata dal Consiglio per i diritti umani a marzo 2017.

    – LEGGI ANCHE: La storia dei rohingya, una delle minoranze più perseguitate al mondo

    Il segretario permanente al ministero degli Affari esteri birmano, Kyaw Zeya, il 30 giugno 2017 ha detto “Se invieranno qualcuno per la missione di indagine, non c’è motivo di farli entrare”.

    Suu Kyi è stata duramente criticata per non essersi attivata in favore di oltre un milione di musulmani rohingya privi di cittadinanza che vivono nello stato occidentale di Rakhine.

    – LEGGI ANCHE: La Birmania sostiene che non ci siano prove di genocidio contro i rohingya
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