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    Un gruppo di scienziati islandesi ha trasformato l’anidride carbonica in pietra

    Iniettando CO2 e acqua nel sottosuolo a centinaia di metri di profondità nelle rocce basaltiche, la miscela si è solidificata in poco tempo

    Di TPI
    Pubblicato il 10 Giu. 2016 alle 16:39 Aggiornato il 9 Set. 2019 alle 19:38

    Un team di ricercatori islandesi ha trovato un modo intelligente per limitare le emissioni di biossido di carbonio – quindi ridurre almeno parzialmente l’inquinamento atmosferico – trasformando l’anidride carbonica in pietra. Il progetto denominato Carbifix è stato messo a punto da un gruppo di scienziati presso il sito Hellisheidi considerato l’impianto geotermico più grande del mondo, che alimenta Reykjavik.

    Il gruppo di lavoro è riuscito a iniettare nel sottosuolo una soluzione di CO2 e dell’acqua a centinaia di metri di profondità nelle rocce basaltiche, dove si è rapidamente trasformata in un solido. Una tecnica considerata rivoluzionaria per immagazzinare i gas serra e contrastare i cambiamenti climatici. L’esperimento pionieristico tentato in Islanda è stato pubblicato sulla rivista Science.

    “Dobbiamo fare i conti con un aumento delle emissioni di anidride carbonica, questa pertanto potrebbe essere la soluzione definitiva, ossia trasformarla in pietre”, ha detto alla BBC Juerg Matter, principale autore dello studio pubblicato giovedì 9 maggio sulla prestigiosa rivista scientifica. 

    L’anidride carbonica è un fattore chiave del riscaldamento globale e sono state a lungo auspicate soluzioni innovative per “catturare e immagazzinare l’anidride carbonica”. Tuttavia, i precedenti tentativi di iniettare CO2 in suoli costituiti da arenaria o nei fondali marini profondi non hanno apportato risultati soddisfacenti, facendo temere fuoriuscite. 

    Al contrario, il progetto Carbifx messo a punto nel sito islandese Hellisheidi ha cercato di solidificare l’anidride carbonica, attraverso l’iniezione di circa 220 tonnellate di CO2 a diverse centinaia di metri di profondità. 

    L’impianto geotermico produce 40mila tonnellate di CO2 all’anno – pari ad appena il 5 per cento delle emissioni di una centrale a carbone di dimensioni simili. 

    Nel 2012, il sito ha cominciato a pompare circa 220/250 tonnellate di anidride carbonica mescolata con acqua sotterranea. Gli scienziati temevano che per poter studiare questo processo di solidificazione ci volessero secoli. Invece, con grande stupore, il 95 per cento della miscela pompata sottoterra, riconoscibile grazie a sostanze chimiche traccianti, è diventata pietra bianca gessosa nel giro di due anni. 

    “E’ stata una graditissima sorpresa”, ha detto Edda Aradottir, che dirige il progetto per Reykjavik Energy. “In futuro, potremmo pensare di utilizzare questo sistema per le centrali elettriche in luoghi dove c’è tanto basalto – e ci sono molti di questi luoghi”, ha detto il co-autore della ricerca Martin Stute, un idrologo presso Osservatorio della Terra della Columbia University.

    Il basalto costituisce la maggior parte fondali del mondo e circa il 10 per cento delle rocce continentali. Proprio il basalto ha reso possibile questo esperimento, poiché è una roccia che contiene alte qualità di calcio, ferro e magnesio. 

    Quello islandese non è il primo progetto di questo tipo, ma è senza dubbio quello che ha mostrato i progressi maggiori. Molte centrali geotermiche in tutto il mondo si sono mostrate interessate alla loro tecnologia, ma il vero scopo è quello di adattarla per renderla utilizzabile negli impianti realmente inquinanti, come le centrali a carbone, le fonderie e le industrie.

    (Qui sotto il processo di solidificazione dell’anidride carbonica nel progetto Carbfix)

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