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    Un giorno senza di noi: la giornata per celebrare l’immigrazione nel Regno Unito

    Laura Stahnke ha intervistato per TPI Matt Carr, scrittore e giornalista all'origine del movimento 1 Day Without Us, che ha l'obiettivo di celebrare l'immigrazione

    Di Laura Stahnke
    Pubblicato il 18 Feb. 2017 alle 15:03 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 22:41

    Che ne sarà dei milioni di europei che vivono nel Regno Unito, e dei milioni di britannici che vivono nei 27 paesi europei, dopo la Brexit?

    In seguito al referendum che il 23 giugno 2016 ha visto una risicata maggioranza dei cittadini britannici votare per l’uscita dall’Unione Europea, il governo britannico ha iniziato a dibattere come regolare la questione della mobilità tra Regno Unito e Europa.  

    Questo dibattito politico ha spesso usato toni di ostilità nei confronti dei migranti all’interno del paese; allo stesso tempo, la retorica politica è stata accompagnata da una crescita esponenziale di crimini d’odio diretti contro migranti e cittadini britannici diversi dal gruppo dominante: per dirla senza giri di parole, i crimini d’odio sono stati diretti contro chi non è indiscutibilmente bianco e britannico. 

    Parallelamente alla crescita di questo clima di ostilità e rifiuto del diverso, si sono sviluppati diversi movimenti che invece si ripropongono di contrastare lo status quo e la retorica che dipinge i migranti come una massa senza volto e indesiderata.

    Uno dei movimenti che si è maggiormente affermato è 1 Day Without Us, “Un giorno senza di noi”, che culminerà lunedì 20 febbraio 2017.

    Matt Carr, lo scrittore e giornalista inglese all’origine del movimento, ha raccontato a TPI che in un primo momento quest’iniziativa cercava di ricalcare lo sciopero che il primo maggio 2006 ha coinvolto milioni di migranti negli Stati Uniti paralizzando il paese.

    A causa alle leggi britanniche molto rigide per questioni sindacali, non è stato possibile portare avanti l’idea dello sciopero: questa iniziativa è quindi diventata un giorno d’azione in cui centinaia di gruppi in tutto il paese celebreranno l’immigrazione e cercheranno di contrastare la retorica che descrive i migranti in termini negativi nel Regno Unito. 

    Secondo Matt Carr, 1 Day Without Us “è un’affermazione di protesta politica, che cerca di trasformare la negatività che è cresciuta nei mesi scorsi intorno al dibattito sull’immigrazione in qualcosa di positivo”. Carr aggiunge che quest’iniziativa “sta aggiungendo nuove voci al dibattito politico, cambiando radicalmente la prospettiva mantenuta sull’immigrazione e celebrando i migranti come parte attiva e positiva della società britannica”. 

    Anche se 1 Day Without Us ha avuto origine in seguito alla Brexit, questo movimento non si fa bandiera dei cittadini europei residenti nel Regno Unito, ma celebra la migrazione nel suo complesso, a prescindere dal paese e zona di provenienza dei singoli individui. 

    A tre giorni dal 20 febbraio, il sito Internet dell’organizzazione ha raccolto più di 120 attività che verrano realizzate nel giorno culmine di 1 Day Without Us, portate avanti da gruppi di singoli cittadini che vogliono far parte di questo movimento a livello nazionale.

    Nella lista di eventi ci sono sia azioni a livello comunitario, come un flash mob di salsa nella zona in cui risiede la comunità latina di Londra, che attività all’interno delle gallerie d’arte più prestigiose del paese, come la Tate Modern e Tate Britain: qui verranno organizzati tour all’interno dei musei soffermandosi specificatamente sulle opere che non sarebbero presenti se i migranti, e le creazioni, fossero stati allontanati dal paese.

    Inoltre una delle attività di punta della giornata è una mass lobby che verrà effettuata in parlamento, in cui diversi gruppi di persone si rivolgeranno ai politici per dare voce alle proprie preoccupazioni in fatto di migrazione.

    La speranza di Matt Carr è che “i nostri politici possano effettuare un atto di coraggio, riconoscere la positività che i migranti apportano al Regno Unito e tutelare i loro diritti”. 

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
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