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    Il 23 giugno nel Regno Unito si terrà un referendum per decidere se rimanere nell’Unione europea

    I colloqui tra Regno Unito e Unione europea proseguono per una rinegoziazione del rapporto tra Londra e Bruxelles. A giugno il voto Brexit, inizia la campagna elettorale

    Di TPI
    Pubblicato il 20 Feb. 2016 alle 19:14 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 00:19

    Il primo ministro del Regno Unito David Cameron ha annunciato sabato 20 febbraio 2016 che il prossimo 23 di giugno si terrà un referendum con il quale i cittadini britannici potranno scegliere se rimanere o meno all’interno dell’Unione europea.

    Cameron ha ottenuto un accordo con gli altri 27 leader dell’Ue che permette a Londra di mantenere uno “status speciale”. L’annuncio giunge in seguito a due giorni di negoziazioni tra Regno Unito e Unione europea durante il Consiglio europeo di Bruxelles, dove il premier britannico ha presentato ai rappresentanti europei una serie di condizioni per rimanere.

    Secondo il primo ministro, se questo pacchetto di riforme volto a rivedere alcune condizioni che regolano il rapporto tra Londra e Bruxelles verrà implementato, l’amara pillola per la permanenza del Regno Unito nell’Ue potrebbe essere più digeribile per alcuni tra i più conservatori più inflessibili.

    Qui avevamo riassunto queste condizioni presentate da Cameron ai rappresentanti europei in occasione del Consiglio europeo dei 28 paesi membri, riuniti per discutere appunto, tra le altre cose, la rinegoziazione dell’adesione del Regno Unito all’Unione europea.

    Il Regno Unito è entrato a far parte dell’Ue nel 1973, ed è uno degli stati membri europei che non utilizza l’euro come valuta e a non essere vincolato ad adottarlo. 

    Alcuni cittadini britannici sono scettici sulla permanenza del Regno Unito nell’Ue in primis per timore che – a causa della crisi economica e sociale che attraversa l’Europa – l’autonomia del settore finanziario della City possa essere leso da decisioni prese dall’eurozona.

    WEEKEND DI FUOCO A LONDRA 

    Era dal 1982 che non si teneva una riunione del gabinetto nel Regno Unito. In quella occasione il tema in discussione era la guerra per le isole Falkland. Oggi la questione è se rimanere o meno a far parte dell’Ue, nei confronti della quale un britannico su cinque è scettico.

    Inizia così nel Regno Unito una campagna elettorale lunga quattro mesi, fino al referendum sul Brexit (Britain-Exit) di giugno. Il premier Cameron è favorevole al fatto che Londra rimanga a far parte dell’Ue. I ministri del suo governo invece sono già divisi.

    Secondo i sondaggi più recenti, la maggior parte dei cittadini sarebbe pronta a votare per restare nell’Ue in seguito all’accordo ottenuto da Cameron a Bruxelles.

    “Il Regno Unito sarà più forte e più ricco se deciderà di rimanere in un’Unione europea ristrutturata e rivista”, ha detto Cameron, 49 anni, fuori dalla sua residenza al numero 10 di Downing Street, a Londra.

    “Lasciare l’Europa minaccerebbe la nostra sicurezza nazionale e la nostra economia”, ha inoltre dichiarato Cameron, aggiungendo che proporrà al parlamento il 23 di giugno come data per il referendum, nel bel mezzo del festival musicale di Glastonbury e degli europei di calcio.

    Il presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama e il capo di stato cinese Xi Jinping hanno fatto pressione su Cameron affinché il Regno Unito rimanga nell’Ue.

    Una eventuale uscita del Regno Unito rischierebbe di mettere ancora più a rischio l’identità in crisi dell’Unione europea, alle prese con un imponente flusso migratorio che sta mettendo in ginocchio le frontiere di mezza Europa e rinforzando i movimenti xenofobi e populisti.

    L’addio da parte di Londra equivarrebbe inoltre a perdere la seconda economia più grande dell’eurozona, un’importante potenza militare e un centro finanziario che non ha pari altrove in Europa.

    L’ACCORDO PROPOSTO DA CAMERON: LE MISURE 

    – consentire al Regno Unito chiamarsi fuori dall’ambizione dell’Ue di forgiare un’unione sempre più stretta;

    – dotare i parlamenti nazionali di maggiori poteri per bloccare la legislazione europea;

    – restrizioni per la durata di quattro anni sui sussidi concessi ai cittadini dell’Ue non britannici che vivono sul territorio del Regno Unito;

    – cambiare le regole degli assegni familiari per i lavoratori i cui figli vivono in un paese più povero, così che la quota elargita possa armonizzarsi con il costo della vita del paese di destinazione;

    – il riconoscimento esplicito del fatto che l’euro non è l’unica moneta dell’Unione europea e la garanzia che i paesi fuori dall’eurozona non vengano svantaggiati o che non debbano partecipare ai salvataggi dei paesi che adottano l’euro;

    – la riduzione del “peso” di una regolamentazione considerata eccessiva e l’estensione del mercato unico;

    – il potenziamento della competitività europea e la promozione degli accordi di libero scambio.

    Garantire che le riforme siano giuridicamente vincolanti e rappresentino un cambiamento duraturo nei trattati Ue è diventato un punto cruciale per la credibilità interna di Cameron. 

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