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    Perché a Google non interessa assumere i migliori

    Il colosso della Silicon Valley non è interessato solo alle menti brillanti: la capacità di imparare dai propri errori conta al di sopra di tutte le altre doti

    Di TPI
    Pubblicato il 17 Nov. 2016 alle 12:07 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 02:22

    Nel 2014 Laszlo Bock, il responsabile delle risorse umane di una delle aziende più note al mondo, ovvero Google, aveva rivelato al New York Times quali fossero i requisiti per ottenere un posto di lavoro all’interno degli uffici del noto motore di ricerca. E, a quanto pare, non è una questione di buoni voti. 

    Come spiegava Bock, la percentuale di impiegati che non avevano un diploma di laurea ammontava addirittura al 14 per cento, almeno in alcuni team all’interno dell’azienda. È vero che, in un campo dove la matematica, l’informatica e la capacità di programmare utilizzando i codici sono fondamentali, i voti che riflettono queste capacità sono valorizzati positivamente, ma è anche vero che l’azienda è di larghe vedute e non si concentra soltanto sui soggetti che hanno ottenuto i migliori risultati all’università. 

    Tralasciando i ruoli nei quali la dimestichezza con la tecnologia è pressoché essenziale, la principale abilità presa in considerazione dalle risorse umane di Google è quella cognitiva. Non il livello del quoziente intellettivo, però, bensì la capacità di imparare.

    Il secondo requisito è la capacità direttiva e di coordinazione all’interno del gruppo: la leadership. Avere la destrezza di prendere in mano la situazione e risolvere un problema è molto importante affinché il lavoro aziendale possa fluire senza intralci ed ottenere i migliori risultati. Quello che cerca il colosso è una forma di leadership emergente, slegata dai canoni classici della direzione, che prevede anche il passare le redini a qualcun altro, se la situazione lo richiede. 

    Anche l’umiltà e la responsabilità giocano un ruolo fondamentale. Come illustrava Bock, si tratta anche e soprattuto dell’umiltà intellettuale, quella che ci permette di continuare ad imparare. Molte delle persone più brillanti non hanno mai sperimentato sulla propria pelle il fallimento, e per questo è molto importante mantenersi umili: per poter imparare anche da una sconfitta. 

    Secondo Bock, sono molte le persone che sono subito pronte a dare la colpa di un errore ai propri colleghi, senza assumersi le proprie responsabilità. Questo tipo di atteggiamento non è il benvenuto in azienda: a trionfare non è infatti la ferocia del leader, bensì lo spirito di collaborazione. 

    Il talento si può trovare davvero ovunque, ben oltre i grandi nomi delle università più prestigiose. Le persone eccezionali, secondo Bock, sono proprio quelle che riescono a trovare il loro posto nel mondo senza aver neppure studiato. E forse è proprio vero che le cose importanti e utili nella vita, non si imparano all’università. E che il nostro futuro non dipenderà esclusivamente da un voto di laurea. 

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